La grammatematica
di Maurizio Tiriticco
Quando insegnavo nella scuola media – nel liceo, avendo a che fare con studenti “grandi”, non me lo sarei mai permesso, perché i problemi erano altri – io, docente di lettere, avevo detto ai miei alunni che ciascuno di noi umani porta sempre con sé due borse, invisibili, ma perfettamente funzionanti: una nella mano destra ed una nella sinistra.
Nella borsa della sinistra ci sono tutte le parole che uno conosce, una sorta di vocabolario assolutamente personale, un grande insieme, però senza alcun ordine alfabetico. Nella borsa della destra ci sono tutte le regole con cui una persona costruisce i suoi discorsi. E la stessa cosa vale per i numeri. Nella borsa della sinistra ci sono tutti i numeri da uno all’infinito, ma in ordine casuale: il cinque può venire bellamente dopo il dodici. Nella borsa della destra, invece, sono bellamente ordinati e ci sono tutte le regole con cui poterli e doverli utilizzare. Ovviamente, le borse sono pressoché eguali per tutti, ma i loro contenuti valgono da persona a persona! Il grande scrittore utilizza migliaia di vocaboli, che mette insieme secondo date regole! E la stessa cosa fa il grande matematico con i numeri.
E non dicevo ai miei studenti – o lo dicevo successivamente, quando il discorso era “passato” ed “accettato” – che la realtà, in effetti è un’altra, e molto più precisa. Il nostro cervello è diviso in due emisferi, legati comunque dal cosiddetto corpo calloso. Quello sinistro è deputato alla regole; almeno possiamo chiamarle così. Ad esempio, la regola della successione numerica: dieci è più grande di due; due più due dà quattro; tre per tre dà nove, e così via. Quello destro, invece, è deputato all’immaginazione, all’invenzione, alla falsificazione, anche. Se possiamo pensare e dire che tre per tre fa dodici o ventimila, ciò è possibile perché si attiva una parte di noi abbastanza birichina: potremmo dire che è quella che riguarda sia le bugie, sempre deprecabili, che le invenzioni, estremamente necessarie. Comunque, dobbiamo sempre notare che ogni calcolatrice, ovviamente funzionante, “dirà” sempre e all’infinito che tre più tre dà sei!!! Come se nella calcolatrice avessimo immesso solo le operazioni del cervello sinistro! Se poi una calcolatrice si mette a “dare i numeri”, come si suol dire, vuol dire soltanto che si è rotta! Ma il nostro cervello destro non è rotto! Semplicemente… è diverso!
Insomma, quando nella scuola gli alunni pensano che una cosa è l’ora di matematica e un’altra cosa quella di italiano, in effetti non avvertono, invece, la continuità che esiste tra le due materie, ovvero tra le operazioni del nostro cervello. In effetti la scuola, che dovrebbe “unire”, in effetti invece, “divide”! Quante volte un insegnante mi ha detto che ha scelto lettere perché di matematica non capiva nulla; e un altro ha scelto matematica perché, quando si trattava di scrivere un tema, non sapeva mai da dove cominciare!
In effetti, a pensarci bene, non esiste la grammatica come cosa “altra” dalla matematica, e viceversa, ma una “cosa” fortemente unitaria, che potremmo chiamare “grammatematica”.
Le due borse della metafora sono eguali per tutti, ma sono i contenuti che variano da persona a persona: il cosiddetto ignorante analfabeta ha una borsa leggera leggera; un Einstein, invece ha una borsa pesantissima di “oggetti”! Occorre, comunque, sottolineare che, quando un essere umano nasce uscendo dal grembo materno, nelle due invisibili borse, ovviamente, non ha nulla, perché nella pancia della mamma – e nella pancia di ciascuno di noi – non ci sono né parole né numeri né regole per metterli insieme ed utilizzarli al meglio. Poi il bambino, crescendo, comincia a riempire le sue borse! “Mamma” e “pappa” in genere sono le prime parole che apprende e che ripone nella sua borsa! Poi, giorno dopo giorno, imparerà a dire “mamma voglio pappa”! E con il tempo vengono le altre, “mamma voglio pappa buona” e poi ancora, con i processi di socializzazione e con la scuola, altre ancora e sempre più numerose.
Nella scuola e nel sociale vengono acquistati ed acquisiti alcuni libri, che si ritengono fondamentali: a) il vocabolario, l’insieme di tutte le parole di cui una lingua dispone, e la grammatica, cioè le regole necessarie perché queste parole siano “messe insieme” in un certo ordine e con certi criteri per dire o scrivere qualcosa; b) il libro di aritmetica perché certe “cose” possano essere ordinate e contate. In effetti, un conto è acquistare un astuccio con dodici matite di diverso colore; altro conto acquistare un astuccio con diciotto matite! E per una classe di venti bambini, quanti astucci sarà necessario acquistare? E una mano quante dita ha? Cinque, rispondo i bambini in coro! E due mai? Dieci! E dieci mani? Cento!!! E’ sempre la prima risposta, ovviamente errata! Ma qui si aprirebbe un altro discorso…
Insomma, e per finire, a sei anni di età, ma a volte anche prima, la grande avventura della “costruzione” della grammatica e della matematica ha inizio, ma va oltre la scuola e durerà per tutta la vita! E non sono due costruzioni “diverse”, ma “contigue”, e si arricchiscono giorno dopo giorno! E sono sempre fortemente integrate: l’una sempre pronta a soccorrere l’altra! Ecco perché, anche se i libri e le ore di lezione e di studio sono sempre due, è la grammatematica nella sua strana unicità, invisibile ma vera, a farla da padrona.