Riportiamo di seguito l’intervento svolto, nella 10a Commissione Senato il 27 febbraio, dal presidente Monti sull’IMU:
La presentazione da parte del Governo di un emendamento riguardante l’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili – ora imposta municipale propria riservata agli enti non commerciali persegue una precisa finalità: chiarire in modo definitivo la compatibilità della normativa tributaria italiana con il diritto comunitario.
Preliminarmente, desidero ribadire che il Governo considera le attività svolte dagli enti non profit come un valore e una risorsa della società italiana. Tali attività appaiono tanto più meritevoli di riconoscimento e garanzia nell’attuale congiuntura economica. Ritengo infatti corretto e doveroso riconoscere che proprio le attività non commerciali svolte dalle organizzazioni non profit assumono un ruolo centrale anche in termini di coesione sociale e rispondano direttamente ai principi costituzionali di solidarietà e di sussidiarietà, cardini essenziali dell’ ordinamento giuridico italiano.
Non è quindi intenzione del Governo disconoscere il patrimonio di civiltà che connota il settore del non profit, ma proprio per evitare critiche ingiustificate, da un lato, e interpretazioni riduttive, dall’altro, si ritiene necessario definire con assoluto rigore, trasparenza e linearità l’esatto confine tra attività commerciali e attività non commerciali.
La procedura di infrazione avviata In sede europea può essere infatti ragionevolmente superata se gli enti non commerciali sono individuati attraverso un doppio criterio, soggettivo ed oggettivo: il primo, la natura e il fine non lucrativo perseguito dagli stessi enti; il secondo, lo svolgimento da parte dell’ente di attività al di fuori del regime della libera concorrenza di mercato.
Tali criteri tuttavia possono essere considerati ancora insufficienti in termini di accertamento e verifica. Pertanto l’emendamento governativo, che ha il significato di chiarificazione ulteriore e definitiva della questione, rende effettiva la garanzia di tutela per gli enti non profit e pienamente efficace il controllo rispetto ad eventuali abusi o violazioni.
Si introduce conseguentemente l’ulteriore criterio della verifica concreta e non solo astratta, sia del requisito soggettivo sia del requisito oggettivo.
Per il caso specifico delle scuole, è necessario precisare che non è propriamente corretto chiedersi se le scuole, in quanto tali, siano esenti o meno dall’imposta municipale propria, bensì è più corretto domandarsi quali scuole possano essere esenti e quali, viceversa, siano soggette alla disciplina comune.
La risposta chiara ed inequivoca è la seguente: sono esenti le scuole che svolgono la propria attività secondo modalità concretamente ed effettivamente non commerciali.
Fermo restando che la definizione dettagliata degli aspetti più particolari è demandata ad un successivo decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, appare del tutto ragionevole considerare strettamente necessari i seguenti parametri:
1) l’attività paritaria rispetto a quella statale è valutata positivamente se il servizio effettivamente prestato è assimilabile a quello pubblico, sotto il profilo dei programmi di studio e della rilevanza sociale, dell’accoglienza di alunni con disabilità, dell’ applicazione della contrattazione collettiva del personale docente e non docente;
2) il servizio sia aperto a tutti i cittadini alle stesse condizioni, nonchè le modalità di eventuale selezione all’ingresso ovvero successiva esclusione, correlata al rendimento scolastico, siano articolate secondo norme non discriminatorie;
3) l’organizzazione dell’ente – anche con specifico riferimento ai contributi chiesti alle famiglie, alla pubblicità del bilancio, alle caratteristiche delle strutture – sia tale da preservare senza alcun dubbio la finalità non lucrativa ed eventuali avanzi non rappresentino profitto, ma sostegno direttamente correlato ed esclusivamente destinato alla gestione dell’attività didattica.
Non si tratta, però, di circoscrivere la chiarificazione individuata dal Governo ad uno specifico settore, quale quello scolastico.
Al contrario, l’iniziativa serve a consolidare una giurisprudenza ed una prassi che già da tempo hanno affermato che “non rileva l’attività indicata nello statuto dell’ente, ma l’attività effettivamente svolta negli immobili”, nonché “la sussistenza del requisito oggettivo – che in base ai principi generali è onere del contribuente dimostrare – non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino a priori il tipo di attività cui l’immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un’attività commerciale”.
Con l’emendamento presentato, il Governo intende rafforzare quanto in sede giurisprudenziale è già stato chiarito, ossia che “al di fuori del perimetro delle ipotesi tipiche e tassative non è possibile ottenere alcuna esenzione. Pertanto, laddove sia risultato accertato m fatto che, benché la destinazione sociale dell’ente soggettivamente esente, rientri nel paradigma della norma agevolativa, ma in concreto si associ ad essa attività diversa, non contemplata, l’esenzione non può essere riconosciuta, stante il divieto non solo di applicazione analogica, ma anche di interpretazione estensiva”.
Desidero infine precisare come, sia nel testo e nella connessa relazione
dell’ emendamento, sia soprattutto in sede europea, non si intende discostarsi dall’ esatta portata della questione oggetto della procedura d’infrazione, che non è affatto limitata ad una specifica attività, quale quella didattica, né tantomeno ad una specifica denominazione soggettiva.
Vi è piena e convinta determinazione, sia da parte delle Istituzioni europee sia da parte del Governo italiano, a considerare i problemi per la loro esatta incidenza nel tessuto economico e sociale, senza pregiudizi, pretesti o approcci ideologici, ascrivibili a qualsiasi derivazione.
I problemi si affrontano con obiettività, serietà ed impegno, e nel caso particolare questo metodo comporta la capacità e l’attitudine delle Istituzioni di comprendere e analizzare tutte le attività – non solo quelle scolastiche – e ovviamente tutti i soggetti, senza preconcetti o ingiustificate disattenzioni, nessuno escluso.******
Permettetemi infine di rivolgere a tutti Voi un sincero ringraziamento per il lavoro che state svolgendo per il decreto liberalizzazioni. Desidero in modo particolare ringraziare – oltre al Presidente Cursi – i due relatori: La senatrice Simona Vicari e il senatore Filippo Bubbico che hanno favorito un esame approfondito e puntuale del decreto legge.
A loro e a tutti Voi ancora il mio convinto apprezzamento.