LICEI E PROFESSIONALITA’: UN INCONTRO POSSIBILE?
Ci può essere un collegamento tra i percorsi liceali e mondo del lavoro e delle professioni? I Licei devono essere avulsi dal mondo produttivo e propedeutici solo all’Università? Al momento attuale sembrerebbe che la risposta non possa che essere positiva: iscriversi al liceo significa per molti dedicarsi a studi “disinteressati” e lontani da qualsiasi professionalità. Una Scuola del “pensare” rispetto a una scuola del “fare”. Se così fosse, la Riforma non avrebbe fatto che riproporre la vecchia distinzione tra le due culture. Ma è proprio così? A ben guardare, non tutto è perduto e dirò il perché.
1) DALL’UNITARIETA’ DEL SECONDO CICLO ALLA “SEPARAZIONE” TECNICI-LICEI
E’ mia convinzione, non da oggi, che la L. 40/2007, (Fioroni) che ha “separato” i Tecnici dai Licei, con l’intento di “salvare” i tecnici dalla “licealizzazione”, abbia inferto un colpo decisivo alla vera riforma dei Licei, “degradati” a scuole “generaliste”, lasciando sostanzialmente immune il loro sottofondo gentiliano. Ben altro prometteva la Riforma Moratti nel ricondurre a unitarietà il secondo ciclo, pur con il “declassamento” delle professionali. (ma “regionalizzare” è davvero declassare? Non certo in Trentino o in Lombardia!). Si vedano gli interessanti dibattiti di quegli anni tra Tiriticco e Bertagna, ma non solo.
Parlare del Tecnico come “scuola dell’innovazione” (espressione coniata dal Presidente della Commissione per i Tecnici, il prof. De Toni) induce a ritenere il Liceo, in particolare il Classico, semplicemente come “scuola della tradizione”, sottinteso “della tradizione idealistica”. E così oggi si continua a considerare il Liceo più o meno negli stessi termini del passato, nonostante sia il Regolamento che le Indicazioni abbiano tentato timidamente di introdurre una diversa impostazione del curricolo e un “profilo in uscita” più in linea con l’evoluzione culturale e pedagogica dei nostri tempi. “Tentato” e non attuato, vista la sostanziale permanenza di obiettivi e contenuti di vecchio stampo a fronte di declamazioni (le chiamo così brutalmente) sulle competenze. Non è un caso che non esistano “Linee guida” per il triennio liceale, come se tutto dovesse ridursi alle Indicazioni, Indicazioni “vecchio stampo”. E’ scomparsa ad esempio anche l’Area di progetto, che è presente nei tecnici, e che aveva avuto discreta fortuna nelle sperimentazioni Brocca, anche se come vedremo, vi si accenna in uno specifico articolo del Regolamento.
E’ a tutti noto d’altronde che le Indicazioni per i Licei sono a tal proposito “divaricate” rispetto a quelle dei Tecnici e professionali, persino nel linguaggio oltre che nelle finalità, frutto di un lavoro condotto in parallelo dalle due Commissioni, e proprio per questo, come avviene normalmente per le parallele, senza che si ricercasse un “incontro” o almeno un confronto.
Ma allora si può parlare di “competenze” specifiche dell’ordine liceale? E di quali competenze si tratta? Indubbiamente le “competenze” cui devono mirare i licei, , non potranno che essere “altre” rispetto a quelle dei tecnici (“altre” ma non opposte)”. a parte i cosiddetti “saperi di cittadinanza A proposito di queste ultime, ci si dimentica che tutte le Raccomandazioni europee riguardanti i “saperi di cittadinanza”, hanno come riferimento la formazione di base, quella che si dovrebbe concludere nel primo biennio delle superiori, la cosiddetta “scuola dell’obbligo” e al massimo si riferiscono all’istruzione tecnico-professionale. Non è un caso che il Quadro europeo delle qualifiche tende a “omogeneizzare” i titoli a livello europeo in maniera da essere riconoscibili e spendibili in ambito europeo. Ma appunto di “qualifiche” si tratta! Cosa ha a che fare tutto questo con il sistema dei Licei? A questa domanda nessuno ha posto attenzione.
Leggiamo la premessa alle Indicazioni dei Licei “I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà, affinchè egli si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico, di fronte alle situazioni, ai fenomeni e ai problemi, ed acquisisca conoscenze, abilità e competenze sia adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita sociale e nel mondo dei lavoro (sott. mia) , sia coerenti con le capacità e le scelte personali”, (art. 2 comma 2 del Regolamento)
Le conoscenze, abilità e le competenze conseguite nei percorsi liceali quindi devono essere adeguate non solo al proseguimento a livello universitario, ma anche all’inserimento “nel mondo del lavoro” Il titolo rilasciato dai Licei può essere, anzi dovrebbe, spendibile nel mondo del lavoro e delle professioni? In che modo? L’Art. 2 del D.Leg. 226/2005 riservava chiaramente tale obiettivo ai cosiddetti “licei a indirizzi”, quelli che poi sono stati soppressi con la L. 40/2007 (ministro Fioroni) e che successivamente sono diventati i nuovi tecnici. “In particolare, vi si diceva, i licei a indirizzi di cui agli articoli 4, 6 e 10 integrano le funzioni previste dal precedente periodo con una specifica funzione di preparazione scientifica e professionale coerente con l’indirizzo di riferimento” Per gli altri Licei era evidente che il curricolo non dovesse far riferimento ad alcuna “professionalità”. E qui sta il limite! In sostanza la suddivisione tecnici-licei ha ripristinato di fatto quel dualismo che la Commissione Brocca aveva tentato di eliminare. Dico “tentato” perché il passo successivo alla elaborazione dei Programmi Brocca avrebbe dovuto essere proprio quello di individuare le “professionalità” afferenti ai vari indirizzi. Ecco il senso di quella che veniva definita la “preprofessionalità” dei Licei, secondo la commissione Brocca. Di ciò si cominciava a parlare a metà anni 90 e nel famoso Convegno di Fiuggi del 1994, pochi mesi prima della fine della legislatura, il tema era stato affrontato in una delle sottocommissioni; poi …venne il buio! O meglio venne Berlinguer, la cui riforma escludeva il settore professionale, unificando tecnici e Licei, così come la Moratti.
Cosa sia avvenuto successivamente è a tutti noto. I Licei sono diventati 6 e, a parte l’artistico (in bilico ancora oggi tra licealità e professionalità), e in parte il musicale, quale “inserimento nel mondo del lavoro” può essere previsto per coloro che conseguono la maturità classica o scientifica o linguistica o delle scienze umane? E’ chiaro che, rebus sic stantibus, il titolo liceale è solo propedeutico e non terminale, ma in parte lo è anche il titolo rilasciato dai Tecnici. La introduzione, da parte della Gelmini, delle due opzioni “Liceo Scientifico delle scienze applicate” (ex Scientifico tecnologico del Brocca) e di “Liceo delle scienze umane, opzione economico-sociale”, che in molte regioni sono state assegnate agli Istituti tecnici, ha complicato ancor più le cose [i]
2) SI PUO’ RIMEDIARE?
Il titolo rilasciato dai Licei “tradizionali” indubbiamente non può essere speso immediatamente in ambito lavorativo (cosa che dovrebbe valere anche per il tecnico, visto che comunque occorre integrarlo con corsi post-diploma a scuola o nei corsi professionali di II livello o in azienda : vedi il “geometra” per fare un esempio) ma si può dire che esso dà una preparazione avulsa da ogni settore produttivo? Le “competenze” a cui mirano i percorsi liceali rientrano, oltre alle “competenze chiave” di cittadinanza, come si è detto, riguardano prevalentemente le cosiddette competenze “intellettuali” , vale dire “espressive, logiche, metodologiche e scientifiche”, come previste proprio dal “Profilo in uscita dei percorsi liceali”; competenze che non possono essere giudicate tuttavia “astratte “La cultura liceale consente di approfondire e sviluppare conoscenze e abilità, maturare competenze acquisite nelle aree metodologica; logico argomentativa; linguistica e comunicativa; storico-umanistica; scientifica, matematica e tecnologica. (Allegato A) Ora mi chiedo: tali “competenze” hanno a che fare in qualche modo con il mondo delle professioni? Certamente sì, ma sembra che esse non possano che realizzarsi nei percorsi successivi di tipo universitario; e invece, a leggere bene il Regolamento le cose stanno in maniera diversa. Si legga per intero quanto è detto al comma 7 dell’articolo 2 del Regolamento, a cui finora non mi è parso si sia dedicata adeguata attenzione.
Dopo aver affermato che 7. Nell’ambito dei percorsi liceali le istituzioni scolastiche stabiliscono, a partire dal secondo biennio, anche d’intesa rispettivamente con le università, con le istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e con quelle ove si realizzano i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore ed i percorsi degli istituti tecnici superiori, specifiche modalità per l’approfondimento delle conoscenze, delle abilità e delle competenze richieste per l’accesso ai relativi corsi di studio e per l’inserimento nel mondo del lavoro”. così prosegue: ” L’approfondimento può essere realizzato anche nell’ambito dei percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, nonché attraverso l’attivazione di moduli e di iniziative di studio-lavoro per progetti, di esperienze pratiche e di tirocinio”. Ecco qui il richiamo implicito all’area di progetto e perfino al tirocinio!!. E infine “Nel quinto anno si persegue la piena realizzazione del profilo educativo, culturale e professionale dello studente delineato nell’allegato A, il completo raggiungimento degli obiettivi specifici di apprendimento, di cui all’articolo 13, comma 10, lettera a) e si consolida il percorso di orientamento agli studi successivi e all’inserimento nel mondo del lavoro di cui al comma 7 del presente articolo”
Nel presente anno scolastico è partito il secondo biennio dei Licei. Non mi risulta ci sia stato un adeguata attenzione a quanto previsto dal Regolamento nella maggior parte dei Licei. Sarebbe interessante sapere in quanti Licei si siano attivati dei “tirocini” o delle “esperienze pratiche”. Quanto alle intese con le istituzioni ove si realizzano “percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore”, è comprensibile che esse manchino, visto che nella maggioranza dei casi sono appena avviati e nella totalità dei casi sono appannaggio degli Istituti Tecnici.[ii] Sarà da verificare il prossimo anno.
Ma il tema che qui pongo riguarda la possibilità di raccordare il percorso liceale con il “mondo del lavoro” in quelle specifiche professionalità che gli studi liceali possono garantire, attraverso quello che si è visto sopra e cioè “dei percorsi di alternanza scuola-lavoro …nonché attraverso l’attivazione di moduli e di iniziative di studio-lavoro per progetti, di esperienze pratiche e di tirocinio”
Proviamo a verificare se gli indirizzi liceali “tradizionali” possano far riferimento ad ambiti professionali definiti, come aveva cominciato a fare appunto il progetto Brocca; e allora le “competenze” acquisite ad esempio nei Licei possono essere “propedeutiche” non solo al proseguimento degli studi a livello universitario ma anche a quei corsi post-diploma a cui teoricamente potrebbero accedere. Quali? Solo qualche esempio: nel Classico si può prevedere il settore della informazione nei vari campi, della tutela dei beni culturali oltre all’insegnamento (che vale per tutti) così come per le Scienze umane i settori potrebbero essere quelli dei servizi alla persona, o alla ricerca sociale o al campo educativo. E mi fermo qui, ma non è difficile individuare percorsi preprofessionali per il Liceo Scientifico o quello linguistico. Perché non introdurre stage anche nei Licei (cosa che pochissimi Licei hanno attuato) in vista proprio di un inserimento nel mondo lavorativo anche attraverso la frequenza di corsi professionali di II livello? Si supererebbe quello che è sempre stato un limite degli studi liceali, la lontananza dal mondo produttivo e dalla realtà sociale. Torna a proposito a questo scopo la citazione di Spinoza fatta da Gentili (Confindustria) in un suo interevento sul “Sussidiario” di qualche mese fa: “Ogni uomo dotto che non sappia anche un mestiere diventa un furfante”, e nel contempo potremmo meglio definire le “competenze” con riferimento anche a specifiche “professionalità”
Ma anche per l’accesso alle Università bisognerebbe aprire un discorso. In effetti non da oggi tutti gli istituti superiori, e non solo i licei, consentono l’accesso a tutte le Facoltà universitarie. La liberalizzazione degli accessi introdotta da Misasi nel 1969 ha ancora un senso? Il problema non è quello di precludere come un tempo l’accesso in via definitiva, ma di “indirizzare” gli studi superiori verso determinate Facoltà con un ampio ventaglio di opzioni. Nei fatti questo avviene già oggi attraverso le prove di ingresso adottate da molte Università. In sostanza si tratta di rendere i Licei meno “generalisti” così come per i tecnici si è adottato il percorso inverso rispetto all’eccesso di specializzazione.
Pasquale D’Avolio
[i] E’ stano questo volersi “accaparrare” da parte dei Tecnici dei Licei “opzionali”, trasformandosi in ISIS. Mi è capitato di leggere manifesti di istituti tecnici che reclamizzano la loro offerta liceale aggiungendo al “Liceo Scientifico delle scienze applicate” la parentesi “SENZA LATINO” dove l’accento è posto non in ciò che si offre, ma in ciò che manca, come se il latino fosse un difetto e non un arricchimento della preparazione personale!
[ii] A quanto mi consta il discorso di un raccordo con le Università era stato avviato ben prima concordando ed esempio dei “crediti” per particolari esami. Chi scrive aveva avviato già alla fine degli anni 90 un rapporto di collaborazione con alcune Facoltà per stabilire dei “raccordi” tra Liceo e Università sia per il rafforzamento di particolari aree disciplinari (per lo più in ambito matematico-scientifico) sia per consentire di acquisire “crediti” riconosciuti dall’Università.
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