La «Iefp» lasciapassare per il lavoro: dopo i corsi triennali è occupato il 50% dei ragazzi

da Il Sole 24 Ore

La «Iefp» lasciapassare per il lavoro: dopo i corsi triennali è occupato il 50% dei ragazzi

di Cl. T.

I percorsi di istruzione e formazione professionale (in gergo tecnico, «Iefp») si confermano un buon canale d’accesso al mondo del lavoro: a tre anni dalla qualifica, e nonostante la crisi, il 50% dei ragazzi risulta occupato (vale a dire, uno su due). Si tratta, tutto sommato, anche di occupazione di qualità: l’85,6% riveste una posizione lavorativa “da dipendente”, e la forma contrattuale più diffusa è l’apprendistato, a testimonianza di una mission “subito professionalizzante” di questi corsi e di un legame diretto con il mondo imprenditoriale.

La fotografia sul territorio
Certo, il quadro è a macchia di leopardo in tutt’Italia, con le migliori performance che si registrano al Nord, con picchi in Lombardia e Veneto; a cui si contrappongono, all’opposto intere regioni del Sud dove la Iefp è sparita, per esempio in Sardegna, o ha numeri bassissimi (è il caso di Calabria e Basilicata). L’offerta, poi, è in larga parte ancora “monopolizzata” dalle scuole (che, in base all’attuale normativa, possono operare in regime di sussidiarietà); c’è poco pluralismo e gli spazi per i privati sono limitati.

Iscritti in crescita
Tuttavia la filiera, nata nel 2003 e divenuta un segmento dell’ordinamento formativo nel 2011, è in continua crescita: nel 2013-2014 gli iscritti complessivi ai corsi triennali hanno superato quota 316mila unità (328.174, se si sommano a quelli del quarto anno), con un aumento di oltre 26mila ragazzi rispetto al 2012-2013 (pari a +8,7%). Peraltro le potenzialità sono notevoli, se non altro perché la Iefp è a tutt’oggi poco conosciuta da genitori e ragazzi (a partire proprio dalle strutture che possono ospitare i giovani, e cioè le agenzie formative accreditate e gli istituti professionali); ed è del tutto assente nelle attività di orientamento che si svolgono in terza media (qui si sconta quel pregiudizio ideologico, duro a morire, che “bolla” l’istruzione tecnica in genere, come scuola di serie B).

L’occasione per tornare a parlare di istruzione e formazione professionale è il nuovo rapporto di ministero del Lavoro-Isfol, che verrà presentato domani, a Roma, alla presenza del sottosegretario, Luigi Bobba, e di tutti gli attori istituzionali coinvolti (compresi, quindi, Miur e Regioni).

I percorsi di studio
Il sistema Iefp piace perchè «riesce a professionalizzare gli allievi, anche grazie all’ampio ricorso a metodologie didattiche improntate alla pratica, ai laboratori, allo stage – sottolinea il numero uno dell’Isfol, Pier Antonio Varesi -. Questa filiera è poi un importante argine al fenomeno della dispersione formativa, ed è molto inclusiva vista l’ampia partecipazione di stranieri e disabili». L’istruzione e formazione professionale “sforna” operatori esperti nei principali settori economico-produttivi, dall’abbigliamento, alla ristorazione, al benessere, al meccanico, all’edile, all’elettrico, al chimico; ma anche figure utili nel mondo dei servizi amministrativi (segreteria, vendite, logistica).

Il nodo risorse
Questi percorsi sono finanziati, annualmente, a livello nazionale, con 189 milioni. A cui si aggiungono le risorse regionali (nel 2013 sono stati erogati poco più di 586 milioni, di cui ben 183,1 milioni da parte della sola Lombardia). Ecco perchè il definitivo decollo della filiera deve passare per un maggiore investimento finanziario su tutto il territorio nazionale, per realizzare, ovunque, il quarto anno di diploma, e far diventare così la Iefp “un ponte” verso Its e università (e non, come ora, la semplice fine di un percorso formativo).