La settima Commissione della Camera esamina lo Schema di decreto del ministro dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca recante regolamento concernente la definizione della disciplina dei requisiti e delle modalita’ della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado.
Schema di decreto del ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca recante regolamento concernente la definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado (Atto n. 205).
RELAZIONE DEL RELATORE
Avviamo oggi l’esame di un altro importante tassello del processo di riorganizzazione del sistema scolastico finalizzato a conferire allo stesso maggiore efficacia ed efficienza, riqualificando anche i docenti.
In particolare, con lo schema di regolamento in esame, che disciplina i requisiti e le modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, si dà seguito alle previsioni dell’articolo 2, comma 416, della legge finanziaria per il 2008, in coerenza con le previsioni del piano programmatico di interventi adottato sulla base dell’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008.
L’esigenza di ridisegnare la formazione iniziale degli insegnanti è legata alla constatazione – come ricorda anche la relazione illustrativa dello schema di decreto -, emersa dalle ricerche di organismi nazionali e internazionali, delle difficoltà della scuola italiana, che non riporta buoni risultati per le conoscenze disciplinari, con particolare riferimento a quelle linguistiche e di scienze matematiche, fisiche e naturali. Tali difficoltà sono riconducibili ai contenuti e alla modalità degli insegnamenti e al livello di conoscenze e competenze degli insegnanti.
Sempre la relazione sottolinea che l’obiettivo è quello di contemperare l’esigenza di cambiamento con quella di non sottoporre il sistema universitario ad ulteriori tensioni: pertanto, si è ritenuto di procedere ad interventi normativi limitati.
L’intervento proposto parte da due premesse:
la prima è quella che occorre un deciso rafforzamento delle conoscenze disciplinari, risultato che si può conseguire solo nel contesto di una laurea magistrale, che comporti anche attività di laboratorio;
la seconda è che la formazione dell’insegnante deve sviluppare capacità didattiche, psico-pedagogiche, organizzative, relazionali e comunicative, affinché egli sia capace di orientarsi a seconda delle diverse fasce di età degli studenti e possa operare al meglio sia per la migliore gestione delle relazioni interpersonali a scuola, sia per l’individuazione delle modalità educative adatte a promuovere il successo scolastico.
Le due esigenze devono essere contemperate in modo equilibrato.
Infine, la formazione degli insegnanti deve contemplare anche un rapporto diretto con la scuola, che consista non solo in periodi osservativi, ma anche in esperienze attive di insegnamento. A parere del Ministro Gelmini, da me condiviso, ciò dovrebbe consentire il passaggio «dal semplice sapere al sapere insegnare».
Svolte queste premesse, voglio ora sottolineare, come sottolinea l’articolo 2 dello schema, che la formazione iniziale degli insegnanti è finalizzata a qualificare e valorizzare la funzione docente, e le competenze che essa consente di acquisire costituiscono il fondamento della unitarietà della stessa funzione docente.
In particolare, quindi, durante il periodo di formazione iniziale i docenti devono acquisire competenze disciplinari, psico-pedagogiche, metodologico-didattiche, organizzative e relazionali idonee a far raggiungere agli studenti i risultati di apprendimento previsti dall’ordinamento.
Ma, non meno importante, è l’acquisizione, durante il periodo di formazione, delle competenze necessarie allo sviluppo e al sostegno dell’autonomia scolastica.
Prima di illustrare i nuovi percorsi formativi, evidenzio che l’articolo 5 dello schema di decreto dispone che l’accesso ai percorsi, come già attualmente, è a numero programmato, definito annualmente con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Il numero dei posti annualmente disponibili è determinato sulla base della programmazione del fabbisogno di personale docente nelle scuole statali, che a sua volta si base sulle esigenze rilevate a livello regionale, maggiorato nel limite del 30 per cento in relazione al fabbisogno dell’intero sistema nazionale di istruzione – che è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie – e tenendo conto dell’offerta formativa degli atenei e delle istituzioni AFAM. Le modalità di svolgimento e le caratteristiche delle prove di accesso sono definite con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Così, porremo fine all’accesso illimitato alla professione che creava il precariato e con la fine del precariato sarà consentito ai giovani l’inserimento immediato in ruolo.
Prima di passare a illustrare i percorsi, ricordo che l’articolo 4 dispone che i corsi di laurea magistrale, in considerazione del loro carattere professionalizzante, sono istituiti dalle università anche in deroga al numero minimo di crediti fissati, per ogni classe di corso di laurea, per ogni attività formativa di base ed ogni attività formativa caratterizzante (articolo 10, commi 2 e 4, del decreto ministeriale n. 270 del 2004).
Le ulteriori disposizioni recate dall’articolo 4 sono volte a consentire sinergie e ottimizzazione nell’uso delle risorse. Si dispone, quindi, che i corsi di laurea possono essere istituiti con il concorso di più facoltà dello stesso ateneo, o di atenei diversi – in tal caso sulla base di specifica convenzione – ovvero in convenzione fra facoltà universitarie e istituzioni dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM). Le convenzioni devono essere sottoscritte dal rettore di ogni università che partecipa all’istituzione del corso e devono indicare, oltre che la facoltà sede del corso stesso, l’apporto di ciascun ateneo in termini di docenti, strutture didattiche e scientifiche, laboratori, risorse finanziarie. Infine, si prevede che le università possono prevedere strutture di servizi comuni ai diversi corsi di laurea e che è vietata la creazione di organi di gestione del corso indipendenti dalle facoltà e dalle università interessate.
La relazione illustrativa chiarisce che l’affidamento dell’istituzione dei corsi e della relativa gestione alle università e la possibilità di dar corso a lauree magistrali interuniversitariepurché esse non richiedano la costituzione di organi di gestione indipendenti e separati, costituiscono accorgimenti volti a prevenire il riformarsi di situazioni di cristallizzazione di strutture fisse e di gruppi di persone che riassorbono tutta l’attività formativa, isolandosi rispetto alla realtà universitaria e a quella scolastica, riscontrata durante l’esperienza delle S.S.I.S.
Al riguardo, anticipo che potrebbe essere opportuno chiarire se le disposizioni recate dal comma 3 sui contenuti delle convenzioni siano applicabili, come credo, anche alle convenzioni stipulate fra università ed AFAM, esplicitandolo.
Nel passare ad illustrare i nuovi percorsi di formazione degli insegnanti, cercherò di evidenziare che cosa cambierà rispetto alla situazione attuale. Naturalmente, lo farò in maniera sintetica, rinviando, per ogni approfondimento, al dossier predisposto dagli uffici.
Attualmente, la formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria avviene attraverso uno specifico corso di laurea, articolato in due indirizzi, in relazione alle norme del relativo stato giuridico (articolo 3, comma 2, legge n. 341 del 1990). L’esame di laurea ha valore di esame di Stato ai fini dell’abilitazione all’insegnamento, nonché di titolo per l’inserimento nelle graduatorie permanenti per l’insegnamento (da ultimo, articolo 6 del decreto-legge n. 137 del 2008).
Per la formazione iniziale degli insegnanti della scuola secondaria di primo e di secondo grado, fino all’anno accademico 2007-2008 hanno funzionato le scuole di specializzazione, articolate in indirizzi, di durata biennale, cui si accedeva successivamente alla laurea. L’esame finale per il conseguimento del diploma aveva valore di esame di Stato e abilitava all’insegnamento (ex articolo 4, comma 2, legge n. 341 del 1990). Successivamente, l’esame ha assunto valore ai fini dell’inserimento nelle graduatorie permanenti per l’insegnamento (articolo 1, comma 6-ter, decreto-legge n. 240 del 2000).
L’accesso alle SISS è stato sospeso a partire dall’anno accademico 2008-2009, coincidente con l’avvio del X ciclo delle medesime (articolo 64, comma 4-ter, decreto-legge n. 112 del 2008).
In particolare proprio la sospensione delle SISS determina l’urgenza di emanare una nuova disciplina delle modalità di formazione iniziale degli insegnanti.
Passo ora ad illustrare i nuovi percorsi formativi.
In base agli articoli 3 e 6 dello schema, i percorsi formativi per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria sono articolati in un corso di laurea magistrale quinquennale a ciclo unico (LM 85-bis), che comprende un tirocinio a partire dal secondo anno. Quest’ultimo è pari a 600 ore, corrispondenti a 24 crediti formativi, e le relative attività devono svolgersi con modalità che assicurino un aumento progressivo del numero dei crediti formativi nel corso degli anni.
Il corso di laurea magistrale quinquennale è a ciclo unico poiché, come evidenzia la relazione illustrativa, tenendo conto delle riflessioni e degli studi condotti sull’attuale laurea quadriennale nelle facoltà di Scienze della formazione e delle specificità educative degli insegnanti, appare difficile dare un senso ad un percorso articolato in un triennio e in un successivo biennio. Il corso è attivato presso le facoltà di scienze della formazione e presso altre facoltà dotate dei requisiti qualitativi e quantitativi nel caso in cui non esista a livello regionale una facoltà di scienze della formazione. Per essere ammessi, è richiesto il possesso di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado e il superamento della prova di accesso.
La struttura del corso di laurea è recata dalla tabella 1 allegata allo schema di decreto, della quale una sintesi è presente nel dossier predisposto.
Esso si conclude con la discussione della tesi e della relazione finale del tirocinio che costituiscono esame avente anche valore abilitante all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria.
Rispetto alla situazione attuale, quindi, il percorso si allungherà di un anno e all’interno del corso di laurea non ci saranno più due distinti indirizzi, relativi ai due ordini di scuola (infanzia e primaria). Avanzo con convinzione il timore – e lo sottopongo alla riflessione comune – che questo possa togliere specificità al docente della scuola dell’infanzia e «appiattire» in maniera esagerata il ruolo del docente della scuola primaria su quello del docente della scuola dell’infanzia (per il quale, forse, una laurea, seguita da un anno di tirocinio formativo attivo, sarebbe potuta essere congrua).
In base agli articoli 3, 7, 8 e 9 dello schema di decreto, i percorsi formativi per l’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado si articolano in un corso di laurea magistrale (biennale) – ovvero, nel caso di percorsi finalizzati all’insegnamento delle discipline artistiche, musicali e coreutiche nel corso di diploma accademico di secondo livello – e in un successivo anno di tirocinio formativo attivo. Il percorso si conclude con l’esame con valore abilitante. Da un punto di vista di durata complessiva del percorso, in questo caso non si registrano, quindi, variazioni per chi aveva una laurea del vecchio ordinamento, che si è trovato a studiare 6 anni (4 anni per la laurea, più 2 nella scuola di specializzazione) e si riduce di un anno per chi ha conseguito una laurea magistrale nel nuovo ordinamento (nella vigenza delle scuole di specializzazione avrebbe dovuto studiare 7 anni, cioè 5 per conseguire la laurea magistrale e due nella scuola di specializzazione).
L’accesso, come ho già detto, è a numero programmato.
Per quanto concerne la scuola secondaria di primo grado, i requisiti per sostenere la prova di accesso ai corsi di laurea magistrale, nonché la laurea magistrale necessaria per accedere al tirocinio annuale, sono stabiliti, con riferimento a 6 delle 8 classi di abilitazione di cui al decreto ministeriale 29 marzo 2009, n. 37, dalle tabelle da 2 a 7 allegate allo schema di decreto.
Sotto il primo profilo, esse definiscono, in particolare, il numero minimo di crediti che occorre aver acquisito nel corso di laurea con riferimento ai settori scientifico disciplinari indicati.
Sotto il secondo profilo, vengono istituite due nuove classi di laurea magistrale, ossia LM 95 – Scienze matematiche, fisiche e naturali ed LM 96 -Tecnologia, e si determina la ripartizione dei crediti che occorre aver acquisito durante il corso di laurea magistrale.
Sulla base delle tabelle da 2 a 7, si determina, quindi, la seguente corrispondenza fra le attuali classi di abilitazione e le classi delle lauree magistrali che determinano l’accesso al tirocinio:
Classe di abilitazione —> Classe di laurea magistrale
A043 – Italiano, storia e geografia nella scuola secondaria di I grado —> LM 14 – Filologia moderna
A045 – Lingua inglese e seconda lingua straniera —> LM 37 – Lingua straniera
A059 – Matematica e scienze nella scuola secondaria di I grado —> LM 95 – Scienze matematiche, fisiche e naturali (NUOVA)
A030 – Scienze motorie e sportive —> LM 67 – Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate // LM 68 – Scienze e tecniche dello sport
A032 – Musica —> LM 45 – Musicologia e beni musicali
A033 – Tecnologia nella scuola secondaria di I grado —> LM 96 – Tecnologia (NUOVA)
Per quanto concerne la scuola secondaria di secondo grado, invece, la determinazione dei requisiti per sostenere la prova di accesso ai corsi di laurea magistrale, nonché la laurea magistrale necessaria per accedere al tirocinio annuale è subordinata alla revisione delle classi di concorso (il Consiglio dei Ministri ha esaminato lo schema di regolamento in prima lettura il 12 giugno 2009) e al riordino del secondo ciclo (il Presidente della Repubblica ha emanato i regolamenti il 15 marzo scorso).
Sia per l’uno che per l’altro percorso si dispone, infine, sull’accesso al tirocinio formativo attivo in soprannumero, previo superamento di una prova orale, di coloro che hanno conseguito il dottorato di ricerca e di coloro che hanno svolto per almeno 2 anni, anche se non consecutivi, attività di ricerca scientifica a tempo determinato in ambiti attinenti i contenuti disciplinari della relativa classe di abilitazione. I soggetti in questione possono frequentare il tirocinio senza interrompere o sospendere il rapporto con l’istituzione di appartenenza, e anche senza preventiva autorizzazione della stessa, a meno che ciò non sia richiesto dai rispettivi obblighi contrattuali.
Sostanzialmente lo stesso percorso, mutatis mutandis, viene seguito per l’insegnamento di materie artistiche, musicali e coreutiche nella scuola secondaria di primo e secondo grado è identico (articolo 9).
In tal caso, ovviamente, si richiede il conseguimento del diploma accademico di secondo livello ad indirizzo didattico. I corsi accademici biennali necessari per accedere al tirocinio annuale per l’insegnamento nella scuola secondaria di primo grado sono stabiliti, con riferimento alle corrispondenti classi di abilitazione (A-032 Musica, A-077 Strumento musicale, A028 Arte e immagine) dalle tabelle da 8 a 10 allegate allo schema di decreto.
Queste ultime, in realtà, disciplinano anche i requisiti necessari per accedere ai corsi di secondo livello. Appare quindi necessario che nel testo dell’articolo 9, comma 2, si faccia riferimento ad essi. E reputerei anche opportuno aggiungere, dopo la parola «ciascuna», la parola «corrispondente».
Invece, come già visto prima e per le medesime ragioni, le tabelle relative alla scuola secondaria di secondo grado saranno adottate con successivo decreto. Anche in tal caso, occorrerebbe fare riferimento anche ai requisiti necessari per accedere ai corsi di secondo livello e inserire, prima delle parole «classi di abilitazione», l’aggettivo «corrispondenti».
Ai sensi dell’articolo 3, tutti i percorsi indicati – quindi, sia quelli per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, sia quelli per l’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado – possono prevedere periodi di tirocinio nelle istituzioni scolastiche accreditate. Inoltre, costituisce parte integrante di tutti i percorsi l’acquisizione delle competenze linguistiche di lingua inglese di livello B2 (post intermedio) e delle competenze digitali per l’utilizzo di linguaggi e contenuti multimediali.
A questo punto, voglio sottolineare la necessità che, così come è stato finora, sia fatta salva la possibilità di percorsi di studio abbreviati in relazione ai crediti riconosciuti, al fine di agevolare i passaggi di ruolo. A titolo di esempio, ricordo che l’articolo 3 del decreto ministeriale 26 maggio 1998 prevede che chi ha conseguito una laurea ritenuta dalla competente struttura accademica rilevante per l’insegnamento nella scuola elementare o materna può conseguire la laurea in scienze della formazione in non più di 4 semestri. Analogamente, l’articolo 4 dello stesso decreto ministeriale prevede percorsi abbreviati (1 semestre) per chi sia già in possesso di un’abilitazione oppure per chi sia in possesso, oltre che della laurea necessaria per l’accesso alla scuola, anche di quella in scienze della formazione primaria.
Il tirocinio formativo attivo (TFA), che è qualificato quale «corso di preparazione all’insegnamento», è disciplinato nell’articolo 10. Esso sostituisce il percorso effettuato, fino all’anno accademico 2007-2008, nelle scuole di specializzazione.
Voglio segnalare, al riguardo, che la relazione illustrativa evidenzia che il tirocinio «è attivato su un numero pari a quello degli studenti annualmente iscritti al curriculum». Io ritengo che si debba esplicitare nel testo dello schema di decreto – perché tutti possano conoscere e comprendere il criterio – che al tirocinio formativo attivo devono poter accedere gli studenti che concludono il corso di laurea magistrale con l’acquisizione dei crediti formativi richiesti, cioè «con successo».
Il TFA ha durata annuale e alla sua conclusione, previo superamento di un esame finale, si consegue il titolo di abilitazione all’insegnamento, che:
per la scuola secondaria di primo grado è in una delle classi di abilitazione previste dal decreto ministeriale n. 39 del 2007;
per la scuola secondaria di secondo grado, fino all’adozione del regolamento di riordino delle classi di concorso, è in una delle classi di abilitazione previste dal decreto ministeriale 30 gennaio 1998, n. 39 e dal decreto ministeriale 9 febbraio 2005, n. 22 (complessivamente, nel numero di 100).
Il tirocinio formativo attivo è istituito presso una facoltà universitaria o presso le Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica e può essere svolto in collaborazione fra più facoltà della stessa o di diverse università, nonché in collaborazione fra facoltà universitarie e Istituzioni AFAM.
Esso comprende quattro gruppi di attività, che corrispondono a 60 crediti formativi, ripartiti sulla base della tabella 11 allegata allo schema (sulla quale, peraltro, interviene, con una disposizione di carattere transitorio, l’articolo 15, comma 20). Si tratta dei seguenti gruppi:
insegnamenti di scienze dell’educazione (ai quali sono attribuiti 18 CFU, di cui 6 di pedagogia speciale per i bisogni speciali);
un tirocinio di 475 ore presso le istituzioni scolastiche, sotto la guida di un tutor, in collaborazione con il docente universitario o delle Istituzioni AFAM. Il percorso di tirocinio è progettato di concerto fra le istituzioni scolastiche e il consiglio di corso di tirocinio e comprende una fase di osservazione e una fase di insegnamento attivo. Il tirocinio dà diritto a 19 CFU;
insegnamenti di didattiche disciplinari, anche in contesti laboratoriali, integrando approccio disciplinare e approccio didattico;
laboratori pedagogico-didattici, indirizzati alla rielaborazione e al confronto delle pratiche educative e delle esperienze di tirocinio (ai quali, unitamente agli insegnamenti di didattiche disciplinari, sono attribuiti 18 CFU).
Gli ulteriori 5 CFU sono previsti per la tesi e la relazione finali.
La gestione delle attività del tirocinio formativo attivo è affidata al consiglio del corso di tirocinio. In particolare, esso cura l’integrazione fra i quattro gruppi di attività, organizza i laboratori e stabilisce le modalità di collaborazione fra i tutor, i tutor coordinatori e i docenti universitari o delle Istituzioni AFAM.
Questo organo nelle università è composto dai docenti e dai ricercatori che hanno incarichi didattici, da due rappresentanti dei tutor coordinatori, da due dirigenti scolastici designati dall’ufficio scolastico regionale tra i dirigenti delle istituzioni scolastiche che ospitano i tirocini, da un rappresentante degli studenti tirocinanti. Il Presidente è eletto fra la componente dei docenti, dura in carica 3 anni e può essere rieletto una sola volta. Nel caso delle Istituzioni AFAM, l’unica variazione sostanziale è riferita alla assenza, naturalmente, di ricercatori. Si tratta, quindi, dell’organo che rappresenta il terreno di incontro fra scuola e università e nel quale, proprio perché tale, occorre garantire una rappresentanza equilibrata delle due realtà.
Il TFA si conclude con la stesura di una relazione che non deve consistere solo nella illustrazione delle attività svolte, ma deve evidenziare la capacità del tirocinante di integrare ad un elevato livello culturale e scientifico le competenze acquisite nell’attività svolta in classe, le conoscenze psico-pedagogiche e le competenze didattico-disciplinari e, in particolar modo, laboratoriali.
Il tirocinante svolge, quindi, l’esame di abilitazione all’insegnamento che consiste:
nella valutazione dell’attività svolta durante il tirocinio, valutabile fino ad un massimo di 30 punti;
nell’esposizione orale di un percorso didattico su un argomento scelto dalla commissione, valutabile fino ad un massimo di 30 punti; (Con riferimento a questo punto propongo di sostituire la parola «argomento» con le seguenti» modalità di soluzione di un problema, di un progetto, o di un compito didattico-educativo, mostrando l’impiego della relativa letteratura scientifica);
nella discussione della relazione finale, valutabile fino ad un massimo di 10 punti.
L’esame è superato con il conseguimento di una votazione almeno pari a 50/70. La Commissione aggiunge al punteggio risultante dai tre passaggi sopra indicati il punteggio risultante dalla media ponderata dei voti conseguiti negli esami di profitto della laurea magistrale o del diploma accademico di secondo livello e degli esami di profitto sostenuti durante l’anno di tirocinio, fino ad un massimo di 30 punti.
Al riguardo, potrebbe essere opportuno fornire qualche specifica sugli esami di profitto durante l’anno di tirocinio, dei quali si parla solo ai fini del calcolo del punteggio complessivo, anche in considerazione del fatto che una forma di valutazione è prevista anche dall’articolo 11, comma 2, lettera c).
Il punteggio complessivo, espresso, quindi, in centesimi, costituisce il voto di abilitazione all’insegnamento e dà luogo al rilascio del relativo diploma.
La Commissione esaminatrice, nominata dalla autorità accademica competente, nelle università è composta da 3 docenti universitari che hanno svolto attività nel corso di tirocinio, da 2 tutor o tutor coordinatori e da un rappresentante designato dall’ufficio scolastico regionale. Nelle AFAM, la composizione è la medesima, con la presenza, ovviamente, di docenti di tali Istituzioni. La Commissione è presieduta da un docente universitario designato dalla facoltà o dall’istituzione AFAM di riferimento.
Al riguardo, segnalo l’opportunità di chiarire a chi spetti designare il presidente e nel caso di corsi interfacoltà o in collaborazione fra facoltà e istituzioni AFAM.
Segnalo, altresì, la necessità che in tale Commissione sia garantita una presenza paritetica della componente scolastica e di quella universitaria.
L’articolo 11 disciplina le funzioni e le modalità di selezione delle diverse figure di tutor che partecipano alle attività di tirocinio.
Per tutti i percorsi formativi si prevedono tutor coordinatori e tutor dei tirocinanti. Inoltre, nei corsi di laurea magistrale a ciclo unico per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria sono presenti anche tutor organizzatori.
Ricordo, preliminarmente, che su questo articolo il Consiglio di Stato ha chiesto al MIUR, nel parere interlocutorio del 2 febbraio 2010, un chiarimento, rilevando, in particolare, una contraddizione fra il comma 3, che stabilisce che i tutor dei tirocinanti sono designati dai dirigenti scolastici e il comma 5, che affida lo svolgimento delle selezioni, anche per questa figura di tutor, alle facoltà.
Nella nota di chiarimento inviata al Consiglio di Stato il 23 febbraio 2010, il MIUR ha rilevato che nel comma 5, primo periodo, verrà eliminato il riferimento al comma 3. Il Consiglio di Stato prende atto di tale impegno nel parere del 19 marzo 2010, n. 1061. Anche se il testo inviato alle Camere non comprende la modifica, io ve lo illustrerò considerando già tale modifica.
I tutor sono docenti e dirigenti in servizio nelle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione.
I tutor coordinatori hanno compiti di:
orientare e gestire i rapporti con i tutor assegnando i tirocinanti alle diverse scuole e classi e formalizzando il progetto di tirocinio di ogni studente;
provvedere alla formazione del gruppo di studenti attraverso le attività di tirocinio indiretto e l’esame dei materiali di documentazione prodotti dagli studenti nelle attività di tirocinio;
supervisionare e valutare le attività di tirocinio;
seguire le relazioni finali per l’aspetto relativo alle attività svolte in classe.
Ricordo che potrebbe essere opportuno chiarire il raccordo della valutazione delle attività di tirocinio con gli esami di profitto menzionati dall’articolo 10, comma 9.
I tutor dei tirocinanti orientano gli studenti sugli aspetti organizzativi e didattici della scuola e delle attività che si svolgono in classe, e ne monitorano l’inserimento in classe e la gestione degli insegnamenti. Essi sono designati dai dirigenti scolastici delle scuole accreditate tra i docenti di ruolo in servizio che ne abbiano fatto domanda.
Nei corsi di laurea magistrale a ciclo unico per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria operano anche i tutor organizzatori.
Ad essi è affidato il compito di organizzare e gestire i rapporti fra le università e le istituzioni scolastiche; gestire le attività amministrative (distacchi dei tutor coordinatori, rapporto con le scuole e con l’Ufficio scolastico regionale, rapporto con gli studenti); coordinare la distribuzione degli studenti nelle scuole; assegnare ai tutor coordinatori, ogni anno, il contingente di studenti da seguire.
I contingenti del personale necessario per lo svolgimento delle funzioni di tutor coordinatore e di tutor organizzatore sono stabiliti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che definisce anche la loro ripartizione fra le facoltà o le Istituzioni AFAM e i relativi criteri di selezione.
Su tali basi, le facoltà indicono e svolgono le selezioni e affidano l’incarico, che ha la durata massima di quattro anni, prorogabile solo per un anno, ed è soggetto a conferma annuale. Annualmente il consiglio di facoltà (meglio sarebbe sulla base dei criteri stabiliti a livello di coordinamento di ateneo e di interateneo) valuta se il tutor debba essere confermato o revocato sulla base di come egli ha condotto gli studenti, gestito i rapporti con le scuole, con gli insegnanti e con l’istituzione universitaria, gestito i casi a rischio. Ai fini della conferma possono essere utilizzati anche i risultati di eventuali questionari di valutazione dell’esperienza svolta, che il consiglio di facoltà può predisporre per i tirocinanti. L’incarico comporta, infine, un esonero parziale dall’insegnamento per i tutor coordinatori e un esonero totale per i tutor organizzatori. I tutor organizzatori e i tutor coordinatori rispondono, nello svolgimento dei loro compiti, al consiglio di facoltà.
In considerazione del fatto che il comma 5, nel testo finale, non farà più riferimento ai tutor dei tirocinanti, segnalo la necessità di definire la durata del relativo incarico. Al comma 7, lettera c), inoltre, credo che sia necessario citare anche le Istituzioni AFAM.
L’articolo 12 prevede che per lo svolgimento delle attività di tirocinio le università o le Istituzioni AFAM stipulano convenzioni con le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione accreditate. Il comma 21 dell’articolo 15, peraltro, prevede che fino alla predisposizione degli elenchi delle istituzioni scolastiche accreditate le convenzioni sono stipulate con le istituzioni scolastiche d’intesa con gli Uffici scolastici regionali, ai quali compete la vigilanza sulle attività di tirocinio.
La relazione illustrativa precisa che il periodo di tirocinio può essere altresì svolto nei Centri per l’istruzione per gli adulti. Si tratta di una specifica che sarebbe opportuno introdurre esplicitamente nel testo.
I criteri per l’accreditamento saranno stabiliti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Ogni Ufficio scolastico regionale predispone e aggiorna un elenco telematico delle istituzioni scolastiche accreditate, per ciascuna evidenziando gli elementi indicati nel testo, e vigila sul rispetto delle convenzioni e sulla persistenza delle condizioni previste per l’inserimento nell’elenco. Se la convenzione non viene rispettata, o se vengono meno le condizioni, l’istituzione scolastica interessata è espunta dall’elenco.
Alla luce del compito di controllo attribuito all’Ufficio scolastico regionale, riterrei opportuno specificare anche che ad esso compete l’accreditamento.
L’articolo 13 detta una disciplina transitoria per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, in attesa della istituzione di specifiche classi di abilitazione. La specializzazione si consegue esclusivamente presso le università, attraverso la partecipazione a corsi autorizzati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, cui possono accedere solo gli insegnanti abilitati. Anche tali corsi sono a numero programmato e richiedono il superamento di una prova di accesso predisposta dalle università.
Le caratteristiche dei corsi sono definite nel regolamento di ateneo sulla base di criteri stabiliti dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentito il Consiglio universitario nazionale e le associazioni nazionali competenti in materia
Essi, comunque, devono prevedere l’acquisizione di almeno 60 crediti formativi (quindi, devono durare almeno un anno); comprendere almeno 300 ore di tirocinio; articolarsi distintamente per i diversi ordini di scuola.
Per lo svolgimento di tali corsi, in relazione a specifici insegnamenti non attivati nell’ambito dell’ateneo, le università possono avvalersi di personale con specifica e documentata esperienza nel campo delle didattiche speciali.
A conclusione del corso si sostiene un esame finale che comporta, se superato, il conseguimento del diploma di specializzazione per l’attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità. Il possesso del diploma consente l’iscrizione negli elenchi per il sostegno per le assunzioni a tempo determinato e indeterminato.
Peraltro, l’articolo 15, comma 23, prevede che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca definisce con decreto le procedure e i percorsi finalizzati, in via transitoria, al conseguimento della specializzazione da parte degli insegnanti che hanno titolo per l’inserimento nelle graduatorie di istituto.
L’articolo 14 disciplina l’istituzione presso le università di corsi di perfezionamento per l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera (CLIL – Content and Language Integrated Learning) ai quali possono partecipare gli insegnanti in possesso di abilitazione per l’insegnamento nella scuola secondaria di secondo grado che siano in possesso di competenze certificate nella lingua straniera almeno di livello C1 del Quadro Comune europeo di riferimento per le lingue (livello avanzato). I corsi sono disciplinati nel regolamento didattico di ateneo e, come nel caso dei corsi di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni disabili, prevedono l’acquisizione di almeno 60 crediti formativi e comprendono almeno 300 ore di tirocinio.
A conclusione del corso, però, il partecipante che supera con esito favorevole l’esame finale non consegue un diploma di specializzazione, ma un certificato che attesta le competenze acquisite. Per garantire l’omogeneità dei corsi, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentito il Consiglio universitario nazionale, emanerà un decreto recante criteri.
L’articolo 15 contempla una serie di situazioni per le quali si rende necessario prevedere una disciplina transitoria, in alcuni casi fino all’anno accademico 2012-2013, in altri fino all’anno accademico 2011-2012. La relazione illustrativa precisa che si tratta delle diverse categorie di soggetti che, sulla base dei titoli già acquisiti, godono della legittima aspettativa di entrare nel nuovo sistema di abilitazione all’insegnamento, senza dover ricominciare il percorso formativo.
Sempre la relazione evidenzia che l’intenzione del Ministero è quella di favorire l’attivazione immediata dei tirocini formativi attivi non appena entrerà in vigore il regolamento, mentre l’avvio dei corsi di laurea magistrale a ciclo unico per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria è previsto per l’anno accademico 2010-2011.
Riterrei opportuno indicare esplicitamente nel regolamento l’anno accademico a partire dal quale troveranno applicazione le nuove disposizioni, eventualmente differenziando per le diverse situazioni.
Ai sensi dei commi 1 e 2, fino all’anno accademico 2012-2013 (e, nel caso del secondo grado, comunque fino alla revisione delle classi di concorso) coloro che sono in possesso dei requisiti previsti per l’accesso alle SSIS conseguono l’abilitazione per l’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado previo svolgimento del tirocinio formativo attivo.
Gli accessi al tirocinio di cui ai commi 1 e 2 sono a numero programmato. Le università e le Istituzioni AFAM espletano la prova di accesso, che mira a verificare le conoscenze disciplinari relative alle materie che sono oggetto di insegnamento della classe di abilitazione. Vi è una dettagliata indicazione dell’articolazione della prova, che si articola in un test di 60 domande a risposta multipla, identico in tutto il territorio nazionale per ogni tipo di percorso, che comporta l’attribuzione di un massimo di 60 punti ed è predisposto dal MIUR, e in una prova orale, organizzata tenendo conto delle specificità delle varie classi di laurea, che comporta l’attribuzione di un massimo di 20 punti. Per essere ammesso alla prova orale, il candidato deve aver riportato almeno 42/60 nel test, mentre la stessa prova orale è superata se si conseguono almeno 15/20.
Al punteggio derivante dalla somma del punteggio conseguito nel test e del punteggio conseguito nella prova orale, sono sommati fino ad ulteriori 20 punti, riservati ai titoli di studio e alle pubblicazioni, con la ripartizione indicata per le varie tipologie. Si perviene così alla graduatoria degli ammessi al tirocinio formativo attivo, espressa in centesimi.
Con riferimento alla valutazione del percorso di studi previsto dalla lettera a) del comma 10, riterrei opportuno chiarire se ci si riferisca sempre al percorso di laurea magistrale o di diploma accademico di secondo livello (per il quale, peraltro, si cita esplicitamente la media dei voti riportati negli esami), oppure se si intenda fare riferimento a tutto il percorso di studi universitari. In ogni caso, si potrebbe valutare l’opportunità di chiarire i criteri di valutazione. E si potrebbe valutare anche l’opportunità di disporre in merito alla composizione della Commissione esaminatrice.
Il comma 12 riguarda l’ammissione in soprannumero al tirocinio formativo attivo dei dottori di ricerca e dei soggetti che hanno svolto per almeno 2 anni, anche se non consecutivi, attività di ricerca scientifica a tempo determinato, prevedendo che essi siano ammessi ai sensi dei commi 1 e 2 dello stesso articolo 15. Ricordo che tali soggetti sono ammessi al tirocinio previo superamento della sola prova orale.
Il comma 13 prevede che fino all’anno accademico 2011-2012 i soggetti che hanno i requisiti già indicati ai commi 1 e 2, nonché i soggetti che hanno un diploma ISEF già valido per l’insegnamento di educazione fisica o il diploma di conservatorio o di accademia di belle arti già valido per l’insegnamento nella scuola secondaria, che non sono in possesso di abilitazione ma hanno svolto, alla data di entrata in vigore del decreto, almeno 360 giorni di insegnamento nella classe di concorso di riferimento, sono ammessi in soprannumero al tirocinio formativo attivo. Anche tali soggetti devono sostenere la prova di accesso prima illustrata.
Il servizio prestato per almeno 360 giorni vale a coprire parte dei crediti i formativi previsti. Qualora la loro attività di insegnamento è in corso, le convenzioni disciplinate all’articolo 12 sono stipulate con le relative istituzioni scolastiche anche se non sono accreditate, per consentire che il tirocinio si svolga senza interrompere l’attività.
Potrebbe essere opportuno chiarire se, nell’ipotesi in cui si stipuli una convenzione ai sensi del comma 13, presso quella istituzione scolastica possono svolgere il tirocinio solo i soggetti che ivi sono in servizio, o anche altri soggetti.
Il comma 14 prevede che fino all’anno accademico 2011-2012 le facoltà presso le quali è attivato il corso di laurea magistrale a ciclo unico per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria possono attivare percorsi formativi finalizzati esclusivamente al conseguimento dell’abilitazione da parte di chi ha conseguito il diploma della scuola o dell’istituto magistrale entro l’anno scolastico 2001-2002 e ha maturato, alla data di entrata in vigore del decreto, almeno 360 giorni di servizio. Per tali soggetti, infatti, il decreto ministeriale 10 marzo 1997 ha fatto salvo il valore legale del titolo di studio, prevedendo che lo stesso consentiva la partecipazione alle sessioni di abilitazione e ai concorsi.
Anche tali soggetti devono sostenere la prova di accesso. Il percorso deve durare un anno e si conclude con un esame avente valore abilitante (al pari dell’esame conclusivo disciplinato, a regime, dall’articolo 6), che consiste nella redazione e nella discussione di un elaborato originale che deve coordinare l’esperienza pregressa con le competenze acquisite.
Una ulteriore fattispecie è contemplata dal comma 15, che stabilisce che fino all’anno accademico 2011-2012 coloro che hanno superato l’esame di ammissione alle SISS e hanno poi sospeso la frequenza sono ammessi in soprannumero al tirocinio formativo attivo senza dover sostenere l’esame di ammissione e con il riconoscimento degli eventuali crediti acquisiti.
Il comma 16 riguarda, invece, i docenti e i dirigenti distaccati presso le facoltà in cui nell’anno accademico 2008-2009 si sono svolti i corsi di laurea in scienze della formazione. Essi, a domanda, possono essere confermati nell’incarico fino al completamento dei corsi.
Il comma 17 stabilisce che i soggetti iscritti al corso di laurea in scienze della formazione primaria alla data di entrata in vigore del decreto concludono il corso di studi e conseguono l’abilitazione all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria secondo la normativa vigente all’atto dell’immatricolazione.
Il comma 18 riguarda i diplomi accademici di secondo livello conseguiti entro la data di entrata in vigore del decreto presso le Accademie di belle arti e quelli relativi alle classi di concorso di educazione musicale e di strumento musicale, che conservano la loro validità per l’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado.
Il comma 19, primo periodo, stabilisce che coloro i quali alla data di entrata in vigore del decreto sono iscritti ai corsi di diploma di secondo livello già illustrati in riferimento al comma 18, concludono il corso di studi secondo la normativa vigente all’atto dell’immatricolazione, conseguendo il titolo finale che abilita all’insegnamento per le classi di concorso o di abilitazione per cui sono stati ammessi. Il secondo periodo prevede che successivamente, e fino all’anno accademico 2012-2013, l’abilitazione si consegue attraverso il compimento dell’anno di tirocinio formativo attivo.
Sembrerebbe opportuno chiarire, sempre per garantire la migliore comprensibilità dei testi agli utenti interessati, se il secondo periodo intende riferirsi a quanti si iscrivano ai corsi – che, a differenza delle SSIS, non sono sospesi – nelle more dell’attivazione dei percorsi di cui all’articolo 9.
Il comma 20 integra transitoriamente, ai fini dell’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria di secondo grado, i settori scientifico disciplinari di scienze dell’educazione indicati nella tabella 11 dello schema di decreto.
Del comma 21 – e del successivo comma 23 – ho già detto illustrando, prima, gli articolo 12 e 13.
Il comma 22 prevede che i percorsi finalizzati alla formazione iniziale e all’abilitazione degli insegnanti tecnico-pratici saranno definiti dopo l’entrata in vigore dei regolamenti concernenti il riordino delle classi di concorso e la ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola.
Il comma 24, infine, riguarda la formazione degli insegnanti delle scuole della Val D’Aosta, delle province autonome di Trento e di Bolzano, e delle scuole in lingua slovena e in lingua ladina, e prevede l’intervento di un decreto che, con riferimento alle particolari situazioni linguistiche, è adottato previa intesa con la provincia autonoma di Bolzano e con la Val D’Aosta.
Sull’articolo 16, infine, devo preliminarmente evidenziare che il testo presente nello schema trasmesso non è il testo sul quale dobbiamo esprimere il parere: infatti, a seguito di una richiesta di chiarimenti del Consiglio di Stato, il MIUR ha comunicato al medesimo organo che intende adottare la seguente riformulazione:
«I corsi di cui al presente decreto sono organizzati dalle università e dalle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nel rispetto di quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306, in materia di contribuzione studentesca».
In tal modo sono state superate le perplessità manifestate dal Consiglio di Stato sulla formulazione che vedete nello schema trasmesso, che prevede(va) che i corsi di formazione iniziale degli insegnanti fossero organizzati con i proventi derivanti dal pagamento delle tasse e dei contributi a carico dei corsisti e affidava ad un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca la definizione della misura delle stesse tasse.
Concludo rilevando che in sede di stesura finale del testo, occorrerà qualche perfezionamento formale, che di seguito riepilogo:
all’articolo 6, a fini di coordinamento normativo, al comma 5, quando si parla della Commissione esaminatrice, sembrerebbe opportuno inserire un riferimento all’articolo 2, comma 8, del decreto ministeriale 26 maggio 1998 e, quando si citano i tutor, sembrerebbe opportuno un riferimento all’articolo 11 dello schema di decreto, che disciplina la relativa figura;
all’articolo 7, comma 2, non appare corretto il riferimento a «ciascuna classe di abilitazione di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 26 marzo 2009, n. 37», poiché le tabelle da 2 a 7 fanno riferimento, complessivamente, a 6 delle 8 classi (non riguardano, infatti, le classi 28/A – Arte e immagine e 77/A – Strumento musicale, considerate dall’articolo 9 dello schema di decreto);
all’articolo 15, commi 1 e 2, il riferimento corretto è all’allegato 2 (e non all’allegato 3) del decreto ministeriale 26 luglio 2007. Inoltre, occorre valutare se abbia una ragione sostanziale l’utilizzo dei differenti termini «corrispondente» ed «equiparato» a proposito delle lauree magistrali utili al conseguimento dell’abilitazione per l’insegnamento nella scuola secondaria di primo e di secondo grado;
all’articolo 15, comma 7, poiché il criterio di valutazione dei test prevede l’attribuzione di 1 punto per la risposta esatta e di nessun punto nel caso di risposta errata o omessa, si potrebbe semplificare eliminando le parole «rispondere correttamente ad almeno 42 domande ovvero»;
a pagina 2 della tabella 1 si prevede che «i laureati della classe conseguono l’abilitazione all’insegnamento per la scuola primaria» (e non anche «per la scuola dell’infanzia, come, invece, in coerenza con il testo dello schema di regolamento, è scritto a pagina 4 della stessa tabella).
Segnalo inoltre con riferimento ai precari non abilitati (190.000 circa con almeno 360 giorni di servizio) e alla incongruenza rilevata dal Consiglio di Stato tra la programmazione degli accessi e il soprannumero e alla possibile apertura di contenziosi, che occorre effettuare al riguardo una rigorosa programmazione; togliere il soprannumero e riconoscere un peso graduato al servizio svolto nel punteggio finale che dà l’accesso al tirocinio con sconto di una parte dei CFU relativi alla parte di tirocinio e di laboratori; riconoscere un peso al dottorato di ricerca e all’insegnamento svolto con contratti in università.
Resta peraltro fermo il percorso abilitante per i vecchi diplomati Isef e Magistrali, cui magari togliere il servizio come requisito di accesso; si tratta, a mio avviso, dell’unica «sanatoria» che ha un’esigenza reale.
Per quel che riguarda le lauree a «scadenza» rispetto alle nuove lauree magistrali e ai loro contenuti disciplinari, occorre, a mio giudizio, in via transitoria per la secondaria di primo grado prevedere che chi ha i requisiti di accesso alle SSIS acquisisce i CFU eventualmente mancanti dal raffronto tra vecchie e nuove LM; mentre a regime occorrerebbe prevedere che chi ha i requisiti previsti per l’accesso alle SSIS deve superare la prova di accesso alla LM, acquisisce i CFU mancanti e completa il percorso attraverso il TFA
Un’ulteriore criticità deriva a mio avviso dai Limiti stabiliti dalla normativa per l’istituzione di corsi e dallo statuto «professionalizzante» dei percorsi che potrebbe portare a una attivazione saltuaria, rispetto alle esigenze di copertura dei posti disponibili. A tal proposito, fermi i requisiti sul numero di docenti strutturati, occorrerebbe prevedere la possibilità di utilizzare i docenti strutturati in un corso aggiuntivo oltre che presso le LM per l’insegnamento: alla fine, quindi un docente strutturato può essere contato al massimo tre volte: laurea, LM e LM per insegnamento, qualora detta LM sia di nuova attivazione.
Per quel che riguarda invece i problemi derivanti dall’ampliamento delle attuali classi di abilitazione rispetto alle previgenti, per gli abilitati in classi di concorso affini (esempio, A047/ A049; A050/ A051) che dovessero convergere nelle nuove classi di abilitazione, si potrebbe prevedere l’acquisizione dei CFU mancanti.
Infine, occorrerebbe naturalmente garantire una connessione tra reclutamento dei docenti e programmazione dell’accesso ai corsi.
Un commento su “6 maggio Formazione iniziale docenti in 7a Camera”
I commenti sono chiusi.