Scuola: cancellati 200.000 posti di precari ata e docenti in sei anni.
Per effetto delle riforme avvenute negli ultimi anni: dal libro bianco, ai regolamenti della Gelmini della legge 133/08, alla legge 111/11 di Tremonti sul nuovo dimensionamento dichiarato incostituzionale. Per la Ragioneria dello Stato la maggiorparte dei tagli si e’ concentrata negli ultimi due anni.
Il presidente Anief e delegato Confedir alla Scuola, prof. Marcello Pacifico, lo aveva scoperto da tempo, confrontando il numero degli aventi diritto al voto alle ultime due tornate per l’elezione delle RSU e ora la conferma arriva dai tecnici del Tesoro. La riduzione avvenuta tra il 2008 e il 2013 di 4.000 scuole autonome su 12.000 (con la scomparsa di altrettanti posti di dirigenti, dsga, ata), la riduzione del 35% del personale ATA, di 4 ore del tempo scuola settimanale degli studenti in ogni ordine e grado, l’introduzione del maestro unico e l’eliminazione dell’insegnate specialistico di lingia inglese (con la caduta dei livelli di apprendimento degli alunni dal 2 al 32 posto nei rapporti Pirls) il tetto sugli insegnanti di sostegno (dichiarato incostituzionale nel 2010), l’innalzamento di un punto percentuale del rapporto alunni/docenti hanno peggiorato il servizio scolastico, aumentato la dispersione e peggiorato i livelli di apprendimento dei nostri studenti mortificando le aspettative maturate dai 200.000 precari formati dallo Stato per insegnare e lasciate nel limbo delle graduatorie ad esaurimento. Soltanto di recente, dopo i ricorso seriali nei tribinali del lavoro per la violazione della direttiva comunitaria in tema di stabilizzazione, il Governo ha sbloccato migliaia di immissioni in ruolo senza, pero, smettere di discriminare i supplenti ai quali continua a non riconoscere gli scatti di stipendio. Questi dati ci confermano che le riforme approvate negli ultimi anni sulla scuola sono state dettate sotanto da esigenze di risparmi senza alcun progetto pedagogico. E’ arrivato il momento di cancellarle in questa legislatura e puntare su una direzione opposta: obbligo scolastico fino all’universita’, riforma dell’apprendistato, aumento degli investimenti e degli organici