da tuttoscuola.com
I test, soprattutto quelli a risposta multipla, hanno numerosi vantaggi rispetto alle prove tradizionali: possono essere standardizzati a determinati livelli di difficoltà, possono essere somministrati a grandi numeri di studenti, non si prestano a distorsioni valutative soggettive, e soprattutto possono essere corretti in tempi rapidissimi. Hanno lo svantaggio di prestarsi a un doppio tipo di cheating (copiatura): lo student cheating, quando gli studenti copiano tra di loro, e il teacher cheating, quando per varie ragioni (rifiuto dei test, timore di fare ‘brutta figura’ se i propri alunni falliscono la prova, tacita complicità con gli studenti…) sono gli stessi insegnanti ad aiutare, a fornire le risposte esatte.
Per questo i Paesi, come quelli anglosassoni, che da sempre ricorrono ai test per valutare i livelli di apprendimento hanno sviluppato tecniche e tecnologie finalizzate a combattere il fenomeno, in modo da rendere attendibili i risultati dei test. L’ETS (Educational Testing Service) di Princeton, la più affermata società mondiale produttrice di test valutativi, ha tra i suoi più importanti direttori centrali il responsabile della sicurezza, che di tali tecniche e tecnologie si occupa.
Anche l’Invalsi ha dovuto fare i conti con il cheating. Per le peculiari caratteristiche del Servizio nazionale di valutazione ad esso affidato, che comporta la restituzione dei risultati dei test da una parte alle singole scuole (anche ai fini dell’autovalutazione), e dall’altra al Ministero ai vari livelli territoriali fino a quello nazionale, l’Istituto ha dovuto sviluppare una complessa strategia anti-cheating, basata essenzialmente su sofisticati algoritmi statistici che ‘depurano’ i risultati dalle copiature e dagli ‘aiutini’. Operazione che si applica su larga scala, mentre in un ristretto numero di casi (le ‘scuole campione’, controllate da un valutatore esterno) si preferisce puntare sull’eliminazione in radice delle copiature, come prova a fare l’ETS.
L’ideale sarebbe che le scuole, e gli insegnanti per primi, comprendessero appieno che i test possono essere utili per il loro lavoro solo se non intervengono fatti distorsivi che ne alterino i risultati. La soluzione del problema non sta tanto nel controllo esterno quanto nell’autocontrollo dei comportamenti da parte di tutti, alunni e insegnanti.