Il 4 novembre la 7a Commissione della Camera esprime il proprio parere sugli schemi di decreti del Presidente della Repubblica recanti i regolamenti per il riordino dei Licei e degli Istituti Tecnici e Professionali.
– Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei
– Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici
– Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti professionali
(04.11.09) Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei. (Atto n. 132). (Esame, ai sensi dell’articolo 143, comma 4 del regolamento, e rinvio).
La Commissione inizia l’esame del provvedimento, all’ordine del giorno.
Valentina APREA, presidente e relatore, ricorda che la Commissione è chiamata ad esprimere il parere di competenza sugli atti del Governo n. 132, 133 e 134. Segnala al riguardo che gli schemi di decreto del Presidente della Repubblica non sono corredati dei prescritti pareri della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e del Consiglio di Stato. Ciò nonostante, in considerazione delle ragioni di urgenza rappresentate dal Governo, in data 27 ottobre 2009 si è proceduto all’assegnazione degli indicati schemi di decreto alla VII Commissione, nonché, ai sensi dell’articolo 96-ter, comma 2, del regolamento, alla V Commissione bilancio. Il Presidente della Camera, con lettera del 27 ottobre 2009, ha peraltro richiamato l’esigenza che la Commissione non si pronunci definitivamente sui provvedimenti prima che il Governo abbia provveduto ad integrare la richiesta di parere nel senso indicato.
Rileva quindi con soddisfazione che la Commissione inizia l’esame dei provvedimenti in oggetto anche nella settimana di sospensione dei lavori parlamentari, proprio in considerazione del fatto che si tratta di provvedimenti molto attesi dal mondo della scuola. Ringrazia quindi i numerosi colleghi intervenuti alla seduta per avere assicurato la loro presenza ai lavori della Commissione.
Per quel che riguarda l’atto n. 132, ricorda che lo schema di regolamento si compone di 16 articoli e 10 allegati che ne formano parte integrante. Esso procede al riordino dei licei, collocandosi, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, nel solco dei precedenti interventi normativi e concentrandosi su quattro passaggi: riconferma dell’identità dei licei all’interno del secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione di cui all’articolo 1 del decreto legislativo n. 226 del 2005, come modificato dall’articolo 13 del decreto legge n. 7 del 2007, che ha ripristinato i percorsi di istruzione secondaria superiore effettuati negli istituti tecnici e professionali; acquisizione, da parte dei giovani, di capacità critica e conoscenza approfondita dei settori disciplinari; superamento della frammentarietà dei corsi di studio, con delimitazione del quadro orario e rafforzamento dello studio della matematica e della lingua straniera; maggiori spazi di autonomia per le scuole. Per il perseguimento degli obiettivi indicati, lo schema di regolamento presenta una serie di novità che si applicheranno, con alcune eccezioni, a partire dalle prime e seconde classi funzionanti nell’a.s. 2010-2011. La questione delle modalità di applicazione sarà oggetto di alcune osservazioni all’articolo 13 che disciplina il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento. Osserva che l’articolo 1, nel definire l’oggetto del regolamento, precisa che i licei sono disciplinati dal decreto legislativo n. 226 del 2005, e dall’articolo 64, comma 3, del decreto-legge n. 112 del 2008. Con riferimento al profilo dell’identità, l’articolo 2 evidenzia che i licei devono fornire allo studente strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà, affinché egli acquisisca conoscenze, abilità e competenze adeguate al proseguimento degli studi e all’inserimento nel mondo del lavoro. In esito ai percorsi liceali si prevede il conseguimento del profilo educativo, culturale e professionale già delineato dall’allegato A del medesimo decreto legislativo n. 226 del 2005 – che configura un obiettivo unitario finale sia per l’istruzione scolastica che per l’istruzione e formazione professionale – nonché di quello, specifico, delineato dall’all. A dello schema in esame. Sono poi confermate alcune caratteristiche dei licei già delineate dal citato decreto legislativo: durata quinquennale; articolazione in due bienni, il primo dei quali finalizzato all’assolvimento dell’obbligo di istruzione, ed un anno terminale; possibili intese con le istituzioni di formazione post secondaria per approfondimenti culturali da espletare nell’ultimo anno, anche nell’ambito dei percorsi di alternanza scuola-lavoro. L’articolo 3 prevede l’articolazione del sistema in 6 licei: artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico e delle scienze umane, già previsti dal decreto legislativo n. 226 del 2005, modificato dalla legge 40 del 2007 che all’articolo 13 manteneva le suddette tipologie di liceo sopprimendo, viceversa, quelle del Liceo tecnologico ed economico. Aggiunge che i Licei si diversificano in rapporto ad approfondimenti specifici che rientrano all’interno di un’unica cultura liceale. Per i piani di studio rinvia agli allegati da B a G.
Precisa, altresì, che nell’ordinamento vigente vi sono i licei, classico, scientifico, artistico e socio-psico pedagogico; come evidenzia la relazione illustrativa, il liceo linguistico fa parte del sistema delle scuole non statali e la stessa relazione dà conto delle numerose e varie iniziative sperimentali. Il comma 3 rinvia ad un regolamento di delegificazione la riorganizzazione delle sezioni bilingui, delle sezioni ad opzione internazionale, delle sezioni di liceo classico europeo e delle sezioni di liceo linguistico europeo. Gli articoli da 4 a 9 definiscono quindi i percorsi dei 6 licei, che, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, si riferiscono a risultati di apprendimento declinati in competenze, abilità e conoscenze, al fine di facilitare la mobilità sul territorio UE, individuandone le finalità educativo-formative, gli eventuali indirizzi ed attività di laboratorio, l’orario annuale degli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti e di quelli obbligatori di indirizzo. Rileva, al riguardo, che il liceo artistico si suddivide – dal secondo biennio – in 3 indirizzi, vale a dire arti figurative; architettura, design, ambiente; audiovisivo, multimedia, scenografia, caratterizzati da attività di laboratorio. Inoltre, i licei in questione possono stipulare intese con le regioni per potenziare l’offerta formativa al fine di corrispondere alle esigenze del territorio. Il liceo musicale e coreutico si articola nelle relative 2 sezioni; i licei scientifico e delle scienze umane possono articolarsi in una o più sezioni, rispettivamente, a opzione scientifico-tecnologica ed economico-sociale; nei licei linguistici è previsto l’insegnamento in lingua straniera, nel secondo biennio, di due discipline non linguistiche. Rappresentano una innovazione, rispetto al decreto legislativo 226 del 2005, l’opzione economico-sociale del Liceo delle Scienze Umane e l’opzione scientifico-tecnologica del Liceo Scientifico. Osserva, infatti, che, al fine di assecondare le vocazioni degli studenti interessati ad acquisire competenze particolarmente avanzate negli studi afferenti alle scienze giuridiche, economiche e sociali, le istituzioni scolastiche possono attivare, nell’ambito del liceo delle scienze umane, una o più sezione a opzione economico-sociale. Allo stesso modo, al fine di assecondare le vocazioni degli studenti interessati ad acquisire competenze molto avanzate negli studi afferenti alla cultura scientifico-tecnologica, con particolare riferimento alle scienze matematiche, fisiche, chimiche e biologiche e all’informatica, le istituzioni scolastiche possono attivare, nell’ambito del liceo scientifico, una o più sezioni a opzione scientifico-tecnologica.
Ricorda quindi che l’orario annuale delle attività è fissato, in linea di massima, in 891 ore per il I biennio e 990 per il II biennio e per l’ultimo anno, corrispondenti, rispettivamente, a 27 e 30 ore settimanali. Fanno eccezione il liceo classico, 31 ore negli ultimi 3 anni; il liceo artistico, 34 ore nel I biennio e 35 negli altri anni; il liceo musicale e coreutico, 32 ore in ciascuna annualità. Con riferimento all’articolazione ed all’orario dei 6 licei, la relazione illustrativa evidenzia che sono stati ricondotti ad un numero contenuto di percorsi i 396 indirizzi sperimentali ed i 51 progetti assistiti dal MIUR funzionanti nell’anno scolastico 2007/2008 e che si è uniformato l’orario annuale dei diversi percorsi, con l’eccezione dei due licei caratterizzati da attività di laboratorio e del liceo classico, al fine di rafforzare, in quest’ultimo caso, la preparazione matematico linguistica. Rispetto all’articolazione dei quadri orari e dei profili in uscita appare opportuno, nel corso dell’espressione del parere, richiedere una migliore definizione dei quadri orari e dei profili relativamente al liceo delle scienze umane, al fine di delineare con maggiore nettezza tanto il liceo delle scienze umane quanto la relativa opzione economico sociale. Ritiene altresì opportuna, prima dell’approvazione del regolamento in seconda lettura, una accurata ricognizione del rapporto tra profili e quadri orari per verificare puntualmente la loro congruenza: ad esempio, appare utile rafforzare, per quanto riguarda il liceo musicale e coreutico, il monte ore destinato alle discipline storiche di indirizzo, quali storia della musica e storia della danza, al fine di meglio garantire una solida preparazione culturale. Detta ricognizione potrebbe anche portare, ferma restando l’importanza della caratterizzazione dei singoli indirizzi, all’individuazione di alcuni perni che possano aiutare la reversibilità delle scelte e a garantire alcune conoscenze comuni, con particolare riferimento alla lingua straniera, alla matematica e alle scienze. Aggiunge inoltre che l’articolo 10, disciplinando ulteriormente lo svolgimento delle attività didattiche, evidenzia che l’orario annuale – comprensivo della quota riservata alle regioni, alle scuole e all’insegnamento della religione cattolica – si articola in insegnamenti obbligatori ed insegnamenti previsti dal Piano dell’offerta formativa (POF), quali approfondimenti o integrazioni delle discipline obbligatorie, ovvero materie facoltative di cui all’allegato H. Per questi ultimi, si prevede il ricorso ad un contingente di organico da assegnare annualmente alle istituzioni scolastiche, nel rispetto degli obiettivi di risparmio fissati dall’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 e previa verifica, effettuata dal Ministero dell’economia e delle finanze e dal Ministero dell’istruzione, università e ricerca, della sussistenza di economie aggiuntive, e/o al personale disponibile in base agli accordi di rete. Per le discipline facoltative si prevede, inoltre, la possibilità di stipulare contratti d’opera con esperti, individuati sulla base di criteri indicati dal comitato tecnico-scientifico, e si precisa che la relativa valutazione concorre alla valutazione complessiva degli studenti. Per il II biennio, si stabilisce, quindi, un ampliamento della quota dei piani di studio riservata alla programmazione delle istituzioni scolastiche sulla base di indirizzi regionali: essa viene fissata ad un massimo del 30 per cento, fermo restando un massimo del 20 per cento per il I biennio e per il V anno: in ogni caso, l’orario previsto dal piano di studio di ogni disciplina non può essere ridotto in misura superiore ad un terzo nei cinque anni. Per rendere effettiva la possibilità di recepire in organico di diritto le variazioni di organico determinate dall’applicazione della quota del 20 per cento e del 30 per cento, l’annuale decreto interministeriale e la relativa circolare di accompagnamento detteranno disposizioni per le scuole e gli uffici competenti intese a chiarire le modalità tecnico-giuridiche di variazione degli organici. Osserva peraltro che si prevede, limitatamente al V anno e nei limiti dell’organico assegnato, l’attivazione generalizzata dell’insegnamento in lingua straniera di una disciplina non linguistica Content and Language integrated Learning (CLIL). A tal fine, il comma 6 dell’articolo in commento affida ad un decreto del MIUR la definizione dei criteri per l’accertamento della competenza linguistica dei docenti ai fini dell’insegnamento in lingua straniera di una disciplina non linguistica e si precisa che gli insegnamenti relativi a Cittadinanza e Costituzione si sviluppano nelle aree storico-geografica e storico-sociale e nel monte ore complessivo in esse previsto.
Evidenzia che ulteriori novità organizzative riguardano la costituzione di dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa; un comitato scientifico, con composizione paritetica di docenti ed esperti, con funzioni di proposta per l’organizzazione degli spazi di autonomia. Si segnala, inoltre, che l’articolo 10, comma 1, lett. a) prevede che i risultati dell’apprendimento si uniformino alla raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio 23 aprile 2008 sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF). L’EQF è volta a consentire il confronto tra i sistemi nazionali di qualificazione dei vari paesi. L’elemento chiave è la definizione di otto livelli di riferimento che descrivono le abilità, le conoscenze e le capacità di chi apprende, spostandosi così l’attenzione dagli input dell’apprendimento – quale, ad es., la durata degli studi – ai risultati finali dell’apprendimento stesso. La Raccomandazione fissa la data del 2010 per rapportare i propri sistemi nazionali di qualificazione all’EQF e quella del 2012 per introdurre nei singoli certificati di qualifica un riferimento al livello corrispondente dell’EQF. Sottolinea quindi che l’articolo 11 concerne la valutazione degli studenti e il titolo conseguito. Quanto al primo aspetto, si richiama l’applicazione delle norme vigenti che sono state recentemente coordinate con il decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2009. Il titolo finale rilasciato in esito al superamento dell’esame di Stato, da sostenere ai sensi delle norme vigenti, assume la dizione di «Diploma liceale», reca indicazione della tipologia di liceo e dell’eventuale indirizzo, e dà accesso all’istruzione post-secondaria, universitaria e non. L’articolo 12 prescrive quindi il costante monitoraggio e la valutazione dei percorsi e degli apprendimenti. A tal fine, è prevista l’istituzione del Comitato nazionale per l’istruzione liceale, con il compito di formulare proposte al Ministro. I risultati di apprendimento sono periodicamente valutati dall’INVALSI, che ne cura la pubblicità, mentre il Ministro presenta ogni 3 anni al Parlamento un rapporto con i risultati del monitoraggio e della valutazione. In particolare, il comma 1 prevede che con decreto del MIUR sia istituito il Comitato nazionale per l’istruzione liceale, composto da un rappresentante scelto dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e da rappresentanti delle scuole, dell’università e del mondo della cultura. Il comma 2 affida ad un decreto del MIUR, emanato previo parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione e delle Commissioni parlamentari, ai sensi dell’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, l’aggiornamento del profilo degli studenti in uscita dal percorso liceale e degli obiettivi di apprendimento. L’articolo 13 disciplina il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento. A partire dalle prime e dalle seconde classi funzionanti nell’anno scolastico 2010-2011, i percorsi liceali di ogni tipo e indirizzo, ivi comprese le sperimentazioni, confluiscono nei nuovi licei, secondo la tabella di corrispondenza di cui all’allegato I. Pur comprendendo le motivazioni della scelta biennale tesa a recuperare lo slittamento di un anno scolastico della riforma, sono forti le perplessità legate alla fattibilità di una norma che risulterebbe di difficile applicazione sia sul piano strettamente curriculare che più ampiamente organizzativo. In considerazione di tutto ciò, ritiene opportuno verificare, nel corso dell’espressione del parere, la proposta di modifica di tale previsione per giungere, come è stato peraltro auspicato recentemente anche dal Ministro Gelmini, a decretare l’entrata in vigore della riforma dei licei solo nelle prime classi e analogamente anche nelle prime classi degli istituti tecnici, per gli istituti professionali, essendo modificati di molto i percorsi è già prevista la prima applicazione con questa modalità. Osserva tuttavia che fanno già eccezione le sezioni degli istituti d’arte che prevedono l’esame di licenza di maestro d’arte, e le sperimentazioni musicali e coreutiche, per le quali la confluenza si realizza a partire dalle sole prime classi funzionanti nell’anno scolastico 2010-2011. La relazione tecnica evidenzia che si arriverà ad applicare il riordino a regime su tutti e 5 gli anni di corso nell’anno scolastico 2013/2014, fatta eccezione per le classi degli ex istituti d’arte, anno scolastico 2014/2015, e motiva la scelta effettuata con la necessità di una adeguata riorganizzazione. Per la corrispondenza tra i vecchi e i nuovi titoli di studio fa riferimento alla tabella di cui all’allegato L.
Osserva che si prevede, peraltro, che le scuole possano presentare agli uffici scolastici regionali eventuali proposte alternative in relazione alla specificità dei percorsi sperimentali. Sono poi dettate disposizioni particolari per l’istituzione, l’organizzazione, l’eventuale incremento delle sezioni musicali e coreutiche che, in sede di prima applicazione, sono costituite nel numero di 40 e 10 a livello nazionale. L’istituzione di sezioni di liceo musicale, o di liceo musicale e coreutico, per la quale il comma 7 prevede l’intervento di un decreto MIUR-MEF, è subordinata alla disponibilità di docenti per l’insegnamento dello strumento, assicurata attraverso convenzioni con i conservatori di musica, le regioni e gli enti locali, eventuali risorse di organico delle singole scuole, o presenza, nelle graduatorie ad esaurimento, di personale fornito di diploma di conservatorio. Per l’istituzione di sezioni di liceo coreutico è, invece, prevista una convenzione con l’Accademia nazionale di danza o istituzioni accreditate. Il comma 10 prevede che un decreto ministeriale definisca le modalità per la stipula della convenzione. Per l’insegnamento di strumento musicale si possono utilizzare docenti a tempo indeterminato di educazione musicale nella scuola secondaria di I grado, purché abilitati nella classe A077. Rileva che il passaggio al nuovo ordinamento è accompagnato da azioni per l’aggiornamento del personale della scuola e per informare studenti e famiglie. Ricorda che, con nota 10873 del 26/10/2009, il termine per le iscrizioni per l’anno scolastico 2010/2011 è stato fissato al 27/2/2010, proprio per consentire la piena conoscenza delle novità. Il comma 11 rinvia, infine, a decreti MIUR-MEF di natura non regolamentare la definizione di indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento; articolazione delle cattedre di ciascuno dei sei percorsi liceali in relazione alle classi di concorso dei docenti; indicatori per la valutazione e l’autovalutazione dei percorsi liceali. L’articolo 14 salvaguarda l’autonomia delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano e prevede che le disposizioni del regolamento si applicano alle scuole con insegnamento in lingua slovena, nelle quali, peraltro, l’orario complessivo annuale dei singoli percorsi viene elevato. L’articolo 15 abroga alcuni articoli del decreto legislativo n. 226 del 2005 ed i corrispondenti allegati. In particolare, gli articoli 2, 3 e 12, recanti finalità, attività didattiche, organizzazione dei licei; 3, 4, 5, 7, 8, 9, 11, che delineano i singoli percorsi; 23, 25, 26 sull’insegnamento di alcune discipline nel primo ciclo dell’istruzione ai fini del raccordo con il secondo; 27, concernente passaggio al nuovo ordinamento, con esclusione dei commi 2, 7 e 9 che riguardano rispettivamente l’istruzione e formazione di competenza regionale e l’equipollenza dei titoli conseguiti dagli arruolati e dai sottufficiali al termine dei corsi di formazione, con quelli rilasciati dagli istituti professionali. L’articolo 16, infine, stabilisce l’invarianza degli oneri finanziari. Ricorda che allo schema di regolamento sono allegati la relazione illustrativa; la relazione tecnico-finanziaria; l’analisi tecnico-normativa; l’analisi dell’impatto della regolamentazione; alcune note interne al Governo; una prima valutazione del Consiglio nazionale della pubblica istruzione. Non sono ancora allegati invece il parere del Consiglio di Stato e quello della Conferenza Unificata, per i quali il Governo se ne è riservato la trasmissione non appena acquisiti; si ricorda peraltro che la Conferenza unificata ha espresso il parere il 29 ottobre 2009. Aggiunge altresì che la quota dei piani di studio riservata alla programmazione delle istituzioni scolastiche sulla base di indirizzi regionali è attualmente disciplinata dai decreti ministeriali 28/12/2005 e 13/6/2006, n. 47, che sembrerebbero implicitamente abrogati dallo schema in esame.
Sul piano delle osservazioni rileva quindi che all’articolo 2, comma 3, sembrerebbe che il riferimento corretto sia all’articolo 13, comma. 11, lettera a), e non all’articolo 13, comma 9, lettera a). All’articolo 10, comma 6, ritiene inoltre opportuno valutare di utilizzare l’espressione «diploma di laurea conseguito in uno Stato dell’Unione europea» invece che «titolo di laurea comunitario». All’articolo 11, comma 1, sembrerebbe opportuno inoltre sostituire le parole «dal regolamento emanato ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del medesimo decreto legge» con le parole «e dal decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122». All’articolo 12, comma 2, rileva inoltre che sembrerebbe che il riferimento corretto sia alle indicazioni relative agli obiettivi di apprendimento di cui all’articolo 13, comma 11, lettera a), e non al comma 10. All’articolo 13, comma 5, ritiene opportuno inoltre che si valuti l’opportunità di chiarire gli eventuali termini per la presentazione di proposte alternative e le modalità di eventuale formalizzazione delle stesse, ove accolte, rispetto al quadro di corrispondenza di cui all’allegato L; al comma 6, il riferimento corretto è «decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154» e non 186; è, inoltre, presente il refuso «dalla»- «della»; al comma 9 del medesimo articolo, il riferimento corretto sembrerebbe «legge 20 maggio 1982, n. 270» e non «1981»; al successivo comma 10 del medesimo articolo, riterrebbe opportuno esplicitare a chi fa capo l’emanazione del decreto ministeriale previsto.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta.Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici.
(Atto n. 133). (Esame, ai sensi dell’articolo 143, comma 4 del regolamento, e rinvio).
La Commissione inizia l’esame del provvedimento, all’ordine del giorno.
Valentina APREA, presidente e relatore, con riferimento allo schema di regolamento in esame, ricorda che al centro della riforma c’è la volontà di rafforzare l’identità e il valore pedagogico degli istituti tecnici, riportandoli al centro del secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e di formazione. Osserva che salvaguardare la specificità dell’istruzione tecnica e valorizzare il contributo che ha dato allo sviluppo economico e sociale del Paese è un impegno e un dovere. Rileva che ancora oggi è possibile tracciare una mappa dell’Italia da cui emerge la fortissima interconnessione tra distretti e aree ad alto sviluppo tecnologico e produttivo e istituti tecnici di eccellenza che per decenni hanno formato imprenditori e tecnici qualificati. È un patrimonio prezioso che merita di non essere disperso. L’istruzione tecnica è ricondotta ad un numero contenuto di percorsi formativi: due i settori di riferimento, economico e tecnologico, 11 indirizzi in tutto, 2 per il settore economico, 9 per quello tecnologico. Finisce quindi l’epoca della frammentazione dei corsi di studio, scaturita dalla stratificazione dei percorsi di ordinamento e delle relative sperimentazioni, nell’istruzione tecnica è stata superata la quota di duecento percorsi formativi, mentre ai licei spetta il record di 501 percorsi. La ridondanza dell’offerta formativa non è funzionale alle professionalità di cui ha bisogno il mondo produttivo ed è anche di difficile lettura per studenti e famiglie. Rileva che con la riforma c’è, insomma, più chiarezza per agevolare l’orientamento e dare risposte precise ai ragazzi e alle famiglie, che si aspettano dalla scuola percorsi trasparenti e competenze spendibili tanto per l’inserimento nel mondo del lavoro, quanto per il passaggio ai livelli superiori di istruzione e formazione, anche per l’esercizio delle professioni tecniche regolamentate.
Ricorda che lo schema di regolamento in esame, emanato sulla base dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito in legge n. 133 del 2008, si compone di 10 articoli e 4 allegati, che ne formano parte integrante. Per il perseguimento degli obiettivi indicati, lo schema presenta una serie di novità che si applicheranno agli istituti tecnici, a partire dalle prime e seconde classi funzionanti nell’anno scolastico 2010/11. Nello stesso anno scolastico, ai sensi dell’articolo 1 le terze e le quarte classi proseguiranno secondo i piani di studi previgenti, sino alla conclusione del quinquennio, con un orario, però, di 32 ore settimanali. La relazione tecnica evidenzia che si arriverà ad applicare il riordino a regime su tutti e 5 gli anni di corso nell’anno scolastico 2013/2014 e motiva la scelta effettuata – rispetto a quella di partire dalla I e III classe – con una maggiore funzionalità ed efficacia. Con riferimento al profilo dell’identità, l’articolo 2 ne individua i tratti salienti in una solida base culturale di carattere scientifico e tecnologico, in linea con le indicazioni della UE, in un numero limitato di indirizzi connessi con i settori più rilevanti per lo sviluppo del paese – anche in relazione alla necessità di valorizzare le sue vocazioni tradizionali -, in una durata quinquennale, che porta al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore. Ribadisce, altresì, che gli istituti tecnici collaborano con le strutture formative accreditate dalle regioni nei Poli tecnico professionali, anche allo scopo di favorire i passaggi fra i sistemi di istruzione e formazione, e che ad essi si riferiscono gli Istituti tecnici superiori. Gli articoli 3, 4 e 5 individuano i due settori, economico e tecnologico, in cui si articola l’istruzione tecnica, a fronte degli attuali dieci; i relativi indirizzi, che nell’attuale ordinamento sono trentanove, pari a due per il settore economico, vale a dire amministrazione, finanza e marketing; turismo, e nove per quello tecnologico, ovvero meccanica, meccatronica ed energia; trasporti e logistica; elettronica ed elettrotecnica; informatica e telecomunicazioni; grafica e comunicazione; chimica, materiali e biotecnologie; sistema moda; agraria e agroindustria; costruzioni, ambiente e territorio; l’organizzazione degli stessi. I percorsi si riferiscono a risultati di apprendimento declinati in competenze, abilità e conoscenze, al fine di facilitare la mobilità sul territorio UE. Gli stessi si articolano in un primo biennio, finalizzato all’assolvimento dell’obbligo di istruzione, in un secondo biennio e in un quinto anno, i quali ultimi costituiscono articolazione di un complessivo triennio. Sono caratterizzati da un’area di istruzione generale e da risultati di apprendimento e strumenti organizzativi e metodologici comuni a tutti – di cui ai punti 2.1 e 2.4 dell’allegato A – e da aree di indirizzo, nonché da profili culturali e risultati di apprendimento specifici per ciascun settore, di cui, rispettivamente, ai punti 2.2 e 2.3 dell’all. A. Ritiene che si potrebbe valutare l’opportunità di richiamare anche il profilo educativo, culturale e professionale di cui all’allegato A del decreto legislativo n. 226 del 2005, come opportunamente previsto nello schema di regolamento relativo ai licei.
Osserva che nel secondo biennio e nel quinto anno, le aree di indirizzo specifiche possono, a loro volta, essere articolate, sulla base di un elenco nazionale, in un numero definito di opzioni per corrispondere alle esigenze del territorio e ai fabbisogni formativi espressi dal mondo del lavoro, da attivare comunque nei limiti degli organici determinati a legislazione vigente, di cui agli gli articoli 5, comma 1, lett. d), e 8, comma 2. Conseguentemente, si prevedono spazi di flessibilità per le scuole entro il 30 per cento nel II biennio e il 35 per cento nel V anno, che si aggiungono alla quota di autonomia del 20 per cento dei curricula. L’orario complessivo delle lezioni è pari a 1056 ore, corrispondenti a 32 ore settimanali – a fronte dell’orario medio attuale di 36 ore -, che comprendono la quota riservata alle regioni e l’insegnamento della religione cattolica. Il primo biennio è caratterizzato da una prevalenza delle ore dedicate ad insegnamenti di istruzione generale – pari a 660 – rispetto a quelle dedicate ad insegnamenti obbligatori di indirizzo – pari a 396. La scelta è motivata in ragione dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione e dell’acquisizione di saperi e competenze di indirizzo in funzione orientativa, anche per favorire la reversibilità delle scelte degli studenti. L’allegato A prevede che l’area di istruzione generale ha l’obiettivo di fornire agli studenti la preparazione di base, acquisita attraverso lo sviluppo degli assi culturali che caratterizzano l’obbligo di istruzione: linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale. Negli ultimi 3 anni, il rapporto si capovolge: infatti, le ore dedicate agli insegnamenti di istruzione generale sono 495, a fronte di 561 dedicate a insegnamenti obbligatori di indirizzo, al fine di approfondire i contenuti scientifici, economico-giuridici e tecnici. Tra le novità, segnala l’inserimento, nel primo biennio di entrambi gli indirizzi, della nuova disciplina «Scienze integrate», alla quale concorrono le discipline «Scienze della terra e biologia», «Fisica» e «Chimica», e la previsione della Storia, unitamente a Cittadinanza e Costituzione, di cui all’articolo 1 del decreto-legge n. 137 del 2008. Il carico orario delle lezioni diventa, dunque, più sostenibile per gli alunni e in linea con quello previsto negli altri paesi. Il monte annuale dei percorsi degli istituti tecnici, come ho già detto, è di 1.056 ore di 60 minuti, corrispondenti a 32 ore settimanali. Attualmente i corsi prevedono nella maggior parte dei casi 36 ore settimanali di lezioni, ma solo sulla carta. Osserva, infatti, che sono ampiamente diffuse le riduzioni dell’unità oraria a 50 o 55 minuti per ragioni estranee alla didattica, per esempio, orario dei mezzi pubblici e diffuso pendolarismo degli studenti. Il nuovo impianto organizzativo intende superare ogni forma arbitraria di gerarchia tra i saperi, ne riconosce la complementarietà e valorizza il legame tra il contributo educativo offerto dalla scienza, dalla tecnica e dalla tecnologia e la cultura umanistica. La riforma punta, infatti, a tutelare le molteplici intelligenze e i diversi stili cognitivi dei giovani, nel rispetto del principio di equivalenza tra percorsi educativi diversi, da difendere e sostenere con una politica più efficace dell’orientamento. L’obiettivo è quello di far acquisire ai giovani la capacità di creare, progettare, contribuire a fare impresa, ottimizzando le sinergie delle scuole con il territorio e i soggetti economico-sociali locali. Molta attenzione ai risultati di apprendimento, declinati, sempre come ho già detto, in competenze, abilità e conoscenze, in coerenza con le raccomandazioni dell’Unione europea. Tale impostazione facilita i passaggi tra i sistemi di istruzione, formazione e lavoro. Accogliendo il patrimonio delle migliori esperienze realizzate negli istituti tecnici, sono stati introdotti nuovi modelli organizzativi per sostenere il ruolo delle scuole come centri di innovazione, attraverso: la costituzione di dipartimenti, quali articolazioni funzionali del Collegio dei docenti – che hanno lo scopo di ampliare – all’interno della scuola – il confronto sugli obiettivi educativi, la condivisione dei percorsi formativi e delle metodologie più efficaci per ottenere i migliori risultati, l’aggiornamento costante delle aree di indirizzo e degli assi culturali; l’istituzione di un Comitato tecnico-scientifico, finalizzato a rafforzare il raccordo sinergico tra gli obiettivi educativi della scuola, le esigenze del territorio e i fabbisogni professionali espressi dal mondo produttivo, rilevando peraltro che questo comitato prevede una composizione paritetica di docenti ed esperti del mondo del lavoro, delle professioni e della ricerca scientifica e tecnologica, con funzioni consultive e di proposta per l’organizzazione delle aree di indirizzo e l’utilizzazione degli spazi di autonomia e flessibilità; la realizzazione – negli istituti del settore tecnologico – di un Ufficio tecnico per migliorare l’organizzazione e la funzionalità dei laboratori e la loro sicurezza per le persone e per l’ambiente.
Rileva che uno degli aspetti più qualificanti della riforma riguarda lo sviluppo di metodologie innovative basate sull’utilizzo diffuso dei laboratori a fini didattici in tutti gli ambiti disciplinari, che sarà sostenuto con un piano di formazione e aggiornamento del personale della scuola. Il raccordo più stretto con il mondo del lavoro e delle professioni, compreso il volontariato e il privato sociale, è garantito attraverso la più ampia diffusione di stage, tirocini, alternanza scuola-lavoro. Inoltre, per arricchire l’offerta formativa con specifiche attività didattiche che richiedono competenze specialistiche – qualora all’interno della scuola non siano presenti le professionalità necessarie – gli istituti tecnici potranno avvalersi, attraverso la stipula di contratti d’opera, di esperti del mondo del lavoro e delle professioni con una specifica e documentata esperienza professionale, maturata nel settore di riferimento, da individuare sulla base dei criteri formulati dal comitato tecnico-scientifico. Precisa ancora che l’articolo 5, comma 1, lettera a), richiama la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio 23 aprile 2008 sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF).
L’EQF è volta a consentire il confronto tra i sistemi nazionali di qualificazione dei vari paesi. L’elemento chiave è la definizione di otto livelli di riferimento che descrivono le abilità, le conoscenze e le capacità di chi apprende, spostandosi così l’attenzione dagli input dell’apprendimento – quale, ad es., la durata degli studi – ai risultati finali dell’apprendimento stesso. L’articolo 6 concerne la valutazione degli studenti e il titolo conseguito. Quanto al primo aspetto, si richiama l’applicazione delle norme vigenti, che sono state di recente coordinate con decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2009. Anche all’esame di Stato si applicano le disposizioni vigenti. Nello specifico, si prevede che le prove per la valutazione periodica e finale e per l’esame di Stato devono essere configurate in modo da accertare la capacità dello studente di utilizzare le competenze acquisite in contesti applicativi. A tal fine, si prevede che le commissioni possono avvalersi di esperti del mondo economico e produttivo con documentata esperienza. Al superamento dell’esame di Stato, viene rilasciato il relativo diploma, che indica l’indirizzo seguito e le competenze acquisite, anche con riferimento alle eventuali opzioni. Il titolo consente la prosecuzione degli studi nelle università, nelle AFAM, negli ITS e negli IFTS. Occorrerebbe armonizzare il titolo in uscita da questi percorsi quinquennali di istruzione secondaria con le norme vigenti in materia di accesso agli Albi professionali dei periti. L’articolo 7 prescrive quindi il costante monitoraggio dei percorsi degli istituti tecnici, per la loro innovazione. A tal fine, è prevista la costituzione di un Comitato nazionale per l’istruzione tecnica e professionale – con contestuale soppressione del Comitato nazionale per l’istruzione e la formazione tecnica superiore – articolato in commissioni di settore, al quale è affidato il compito di formulare proposte al Ministro per aggiornare periodicamente gli indirizzi, i profili e risultati di apprendimento degli istituti tecnici. Il Comitato è composto da docenti e dirigenti scolastici, esperti del mondo del lavoro, dell’università e della ricerca, esperti indicati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni, dall’UPI, dai Ministeri del lavoro, della salute e delle politiche sociali, dello sviluppo economico e della gioventù. Esso si avvale dell’assistenza tecnica dell’ANSAS, dell’ISFOL, di Italia Lavoro e dell’IPI. I risultati di apprendimento sono periodicamente valutati dall’INVALSI, che ne cura la pubblicità, mentre il Ministro presenta ogni 3 anni al Parlamento un rapporto con i risultati del monitoraggio e della valutazione. Il comma 1 prevede che il Comitato nazionale per l’istruzione tecnica e professionale è costituito con decreto MIUR. Il successivo comma 3 prevede il periodico aggiornamento di indirizzi, profili e risultati di apprendimento con decreto MIUR, emanato previo parere del CNPI e delle Commissioni parlamentari competenti ai sensi dell’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999. L’articolo 8 reca disposizioni inerenti il passaggio al nuovo ordinamento. Gli attuali istituti tecnici di ogni tipo e indirizzo confluiscono, a partire dall’anno scolastico 2010/11, negli istituti tecnici disciplinati dal regolamento, secondo la tabella di cui all’allegato D. Gli indirizzi sperimentali corrispondenti ai percorsi liceali funzionanti presso gli istituti tecnici, compreso l’indirizzo scientifico tecnologico, sono ricondotti nei nuovi ordinamenti dei licei. La relazione illustrativa specifica che in alcuni casi è stata prevista la confluenza degli attuali percorsi in più indirizzi o in entrambi i settori, in relazione sia alle specializzazioni che maggiormente caratterizzano la realtà territoriale, sia ai percorsi sperimentali più diffusi. Il passaggio è accompagnato da azioni per l’aggiornamento del personale della scuola e per informare studenti e famiglie.
Ricorda ancora che, con nota 10873 del 26 ottobre 2009, il termine per le iscrizioni per l’anno scolastico 2010/2011 è stato fissato al 27 febbraio 2010, proprio per consentire la piena conoscenza delle novità. Precisa peraltro che il comma 2 dell’articolo in commento prevede che con decreto di natura non regolamentare MIUR, adottato di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), previo parere della Conferenza Stato-regioni-province autonome, sono definiti: le indicazioni nazionali su competenze, abilità e conoscenze; i criteri e le modalità per l’articolazione delle aree di indirizzo in opzioni; i criteri per il raccordo fra vecchio e nuovo ordinamento nelle II classi funzionanti nell’anno scolastico 2010/11; la rideterminazione dei quadri orario a partire della III e IV classi funzionanti nell’anno scolastico 2010/11 secondo il vecchio ordinamento, ma con un orario di 32 ore settimanali. Il comma 3 del medesimo articolo prevede invece che con decreti di natura non regolamentare dei Ministri indicati, sono definiti le classi di concorso del personale docente e l’articolazione delle cattedre; i criteri generali per l’insegnamento in inglese di una disciplina non linguistica nel quinto anno; gli indicatori per la valutazione e l’autovalutazione degli istituti tecnici. Si segnala che in relazione all’articolo 8, comma 3, lettera a), l’articolo 64, comma 4, lettera a), del decreto legge n. 112 del 2008 prevede che l’intervento sulle classi di concorso sia attuato con regolamento di delegificazione ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988. Lo schema di regolamento in questione è stato approvato dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 12 giugno 2009. L’articolo 9 prevede disposizioni finali concernenti, in particolare, l’inderogabilità delle disposizioni del regolamento da parte di norme contrattuali, l’invarianza degli oneri per la finanza pubblica, la salvaguardia dell’autonomia delle province autonome di Trento e Bolzano. L’articolo 10, infine, prevede alcune abrogazioni. Precisa che allo schema sono allegati la relazione illustrativa; la relazione tecnico-finanziaria; l’analisi tecnico-normativa; l’analisi dell’impatto della regolamentazione; il parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione; alcune note interne al Governo. Non sono allegati il parere del Consiglio di Stato e quello della Conferenza Unificata, per i quali il Governo si riserva la trasmissione non appena acquisiti. La Conferenza unificata ha espresso il parere il 29 ottobre 2009.
Segnala quindi l’esigenza che nella premessa si inserisca il riferimento al parere delle Commissioni parlamentari. All’articolo 6, comma 1, riterrebbe opportuno inoltre sostituire le parole «dal regolamento emanato ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del medesimo decreto legge» con quelle «e dal decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122»; al comma 3 del medesimo articolo, sarebbe opportuno inoltre chiarire le modalità con le quali le Commissioni possono avvalersi di esperti per la configurazione delle prove di esame. All’articolo 8, comma 3, lettera a), riterrebbe opportuno chiarire il riferimento all’intervento sulle classi di concorso. Considera opportuno inoltre riformulare l’articolo 10, comma 1, al fine di definire una data e termini certi per l’abrogazione, in un testo che reciti: «1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, all’articolo 191, comma 3, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, sono soppressi: a) al primo periodo, le parole: «gli istituti tecnici hanno per fine precipuo quello di preparare all’esercizio di funzioni tecniche od amministrative, nonché di alcune professioni, nei settori commerciale e dei servizi, industriale, delle costruzioni, agrario, nautico ed aeronautico»; b) l’ultimo periodo». Ritiene infatti che non sembrerebbe necessaria la soppressione delle parole «gli istituti tecnici» al comma 2 del medesimo articolo 191.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell’esame ad altra seduta.Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti professionali.
(Atto n. 134). (Esame, ai sensi dell’articolo 143, comma 4 del regolamento, e rinvio).
La Commissione inizia l’esame del provvedimento, all’ordine del giorno.
Valentina APREA, presidente e relatore, con riferimento all’esame del provvedimento in titolo, ricorda che la riforma degli istituti professionali è caratterizzata dagli stessi elementi chiave degli istituti tecnici, con alcune significative differenze: una propria identità, centrata sul valore della cultura dei settori produttivi, con riferimento a due settori: servizi, con cinque indirizzi, ed industria e artigianato, con un indirizzo molto ampio; una maggiore flessibilità rispetto agli istituti tecnici; oltre alle quote di autonomia del 20 per cento già attribuite, gli istituti professionali avranno a disposizione un ulteriore 25 per cento nel primo biennio, il 35 per cento nel secondo biennio e il 40 per cento nell’ultimo anno; la possibilità di organizzare – in regime di sussidiarietà – percorsi per il conseguimento di qualifiche di durata triennale e di diplomi professionali di durata quadriennale, rispondenti ai livelli essenziali delle prestazioni definiti a livello nazionale, nell’ambito dell’offerta coordinata di istruzione e formazione professionale programmata dalle Regioni nella loro autonomia. Ricorda che, per questo gli istituti professionali, potranno usare le quote di flessibilità sopra indicate. I giovani che seguiranno questi percorsi avranno la possibilità di spendere – a livello nazionale ed europeo – la relativa certificazione.
Osserva che lo schema di regolamento in esame, emanato sulla base dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito in legge n. 133 del 2008, si compone di 10 articoli e 4 allegati, che ne formano parte integrante. Ai sensi dell’articolo 1, per il perseguimento degli obiettivi indicati, lo schema di regolamento presenta una serie di novità che si applicheranno agli istituti professionali a partire dalle prime classi funzionanti nell’anno scolastico 2010/11. Nello stesso anno scolastico le II e III classi proseguiranno secondo i piani di studi previgenti, con un orario di 34 ore settimanali. La relazione tecnica fa riferimento al periodo 2010/11-2014/15 ed evidenzia che la scelta di partire esclusivamente dalle prime classi deriva dal fatto che gli studenti delle seconde sono avviati su un percorso molto diverso da quello del nuovo ordinamento, nel quale non si prevede una qualifica al terzo anno. Con riferimento al profilo dell’identità, l’articolo 2 ne individua i tratti salienti nell’integrazione di istruzione generale e di cultura tecnico-professionale; in una durata quinquennale, che porta al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore; nella possibilità, sopra ricordata, di rilasciare qualifiche e diplomi di competenza regionale in regime di sussidiarietà sulla base di accordi stipulati tra il MIUR e le singole regioni nel quadro delle linee guida previste dall’articolo 13, comma 1-quinquies, del decreto-legge n. 7 del 2007. Ribadisce, altresì, che agli istituti professionali si riferiscono gli Istituti tecnici superiori. Gli articoli 3, 4 e 5 individuano quindi: i due settori, già indicati, quali servizi; industria e artigianato, in cui si articola l’istruzione professionale, a fronte degli attuali cinque; i relativi indirizzi – nell’attuale ordinamento sono 27 – pari a 5 per il settore servizi: agricoltura e sviluppo rurale, manutenzione e assistenza tecnica, socio sanitari, enogastronomia e ospitalità alberghiera, commerciali; 1 per il settore industria e artigianato: produzioni industriali e artigianali; l’organizzazione degli stessi. I percorsi si riferiscono a risultati di apprendimento declinati in competenze, abilità e conoscenze, al fine di facilitare la mobilità sul territorio UE. Gli stessi si articolano in un primo biennio, finalizzato all’assolvimento dell’obbligo di istruzione, in un secondo biennio e in un quinto anno. Sono caratterizzati da un’area di istruzione generale e da risultati di apprendimento e strumenti organizzativi e metodologici comuni a tutti, di cui ai punti 2.1 e 2.4 dell’allegato A e da aree di indirizzo, nonché da profili culturali e risultati di apprendimento specifici per ciascun settore, di cui, rispettivamente, ai punti 2.2 e 2.3 dell’allegato A. Ritiene che si potrebbe valutare l’opportunità di richiamare anche il profilo educativo, culturale e professionale di cui all’allegato A del decreto legislativo 226/2005, come opportunamente previsto nello schema di regolamento relativo ai licei e come già indicato per gli istituti tecnici. Rileva che le aree di indirizzo specifiche possono, a loro volta, essere articolate, sulla base di un elenco nazionale, in un numero contenuto di opzioni per corrispondere alle esigenze del territorio e ai fabbisogni formativi espressi dal mondo del lavoro, da attivare comunque nei limiti degli organici determinati a legislazione vigente, ai sensi degli articoli 5, comma 1, lettera d) e 8, comma 3, lettera b). Conseguentemente, si prevedono gli spazi di flessibilità che già prima ho indicato L’orario complessivo delle lezioni è pari a 1056 ore, corrispondenti a 32 ore settimanali, che comprendono la quota riservata alle regioni e l’insegnamento della religione cattolica. Il I biennio è caratterizzato da una prevalenza delle ore dedicate ad insegnamenti di istruzione generale – pari a 660 – rispetto a quelle dedicate ad insegnamenti obbligatori di indirizzo – pari a 396. La scelta è motivata in ragione dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione e dell’acquisizione di saperi e competenze di indirizzo in funzione orientativa, anche per favorire la reversibilità delle scelte degli studenti. L’allegato A prevede che l’area di istruzione generale ha l’obiettivo di fornire agli studenti la preparazione di base, acquisita attraverso lo sviluppo degli assi culturali che caratterizzano l’obbligo di istruzione: linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale. Negli ultimi 3 anni, invece, il rapporto si capovolge: infatti, le ore dedicate agli insegnamenti di istruzione generale sono 495, a fronte di 561 dedicate a insegnamenti obbligatori di indirizzo, al fine di acquisire una conoscenza sistemica della filiera economica di riferimento.
Tra le novità, segnala l’inserimento, nel primo biennio di entrambi gli indirizzi, della nuova disciplina «Scienze integrate», alla quale concorrono le discipline «Scienze della terra e biologia», «Fisica» e «Chimica» e la previsione della Storia, unitamente a Cittadinanza e Costituzione, di cui all’articolo 1 del decreto-legge n. 137 del 2008. Nei percorsi si utilizzano metodologie finalizzate a sviluppare la capacità di analisi e soluzione dei problemi e a lavorare per progetti, si usano i laboratori – le ore di laboratorio sono indicate negli all. B e C – e si applica l’alternanza scuola lavoro. Ulteriori novità organizzative riguardano la costituzione di dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa; un comitato tecnico-scientifico, con composizione paritetica di docenti ed esperti, finalizzato a rafforzare il raccordo tra gli obiettivi educativi della scuola, le innovazioni della ricerca, le esigenze del territorio e i fabbisogni professionali espressi dal mondo produttivo; un ufficio tecnico negli istituti del settore industria e artigianato, per sostenere la migliore organizzazione dei laboratori ai fini della copertura dei posti, secondo quanto stabilito dall’articolo 8, comma 6. Si prevede, altresì, la possibilità di stipulare contratti d’opera con esperti del mondo del lavoro – individuati sulla base di criteri indicati dal comitato tecnico-scientifico – ai fini dell’arricchimento dell’offerta formativa e per competenze specialistiche non presenti nell’istituto, nei limiti degli spazi di flessibilità e delle risorse a disposizione. Anche in questo caso l’articolo 5, comma 1, lettera a), rinvia alla raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio 23 aprile 2008 sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF), già richiamata nelle precedenti relazioni e alla quale si rinvia.
Riassume quindi le caratteristiche innovative degli istituendi Istituti Professionali ricordando che sono: forte integrazione tra i saperi anche nella dimensione operativa; risultati di apprendimento declinati in competenze, abilità e conoscenze anche in relazione al Quadro europeo dei titoli e delle qualifiche (EQF), per favorire la mobilità delle persone in Unione europea da definire con apposito decreto; centralità dei laboratori; stage, tirocini e alternanza scuola-lavoro per apprendere in contesti operativi soprattutto nel secondo biennio e nel quinto anno; possibile collaborazione con esperti esterni per arricchire l’offerta formativa e sviluppare competenze specialistiche L’articolo 6 concerne la valutazione degli studenti e il titolo conseguito. Quanto al primo aspetto, richiama l’applicazione delle norme vigenti che sono state di recente coordinate con il decreto del presidente della repubblica n. 122 del 2009. Anche all’esame di Stato si applicano le disposizioni vigenti. Nello specifico, si prevede che le prove per la valutazione periodica e finale e per l’esame di Stato devono essere configurate in modo da accertare la capacità dello studente di utilizzare le competenze acquisite in contesti applicativi. A tal fine, si prevede che le commissioni possono avvalersi di esperti del mondo economico e produttivo con documentata esperienza. Al superamento dell’esame di Stato, viene rilasciato il relativo diploma che indica l’indirizzo seguito e le competenze acquisite, anche con riferimento alle eventuali opzioni. Il titolo consente la prosecuzione degli studi nelle università, nelle AFAM, negli ITS e negli IFTS. L’articolo 7 prescrive quindi il costante monitoraggio dei percorsi degli istituti professionali, per la loro innovazione. A tal fine, è prevista la costituzione di un Comitato nazionale per l’istruzione tecnica e professionale – con contestuale soppressione del Comitato nazionale per l’istruzione e la formazione tecnica superiore – articolato in commissioni di settore, al quale è affidato il compito di formulare proposte al Ministro per aggiornare periodicamente gli indirizzi, i profili e risultati di apprendimento degli istituti professionali. Il Comitato è composto da docenti e dirigenti scolastici, esperti del mondo del lavoro, dell’università e della ricerca, esperti indicati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni, dall’UPI, dai Ministeri del lavoro, della salute e delle politiche sociali, dello sviluppo economico e della gioventù. Esso si avvale dell’assistenza tecnica dell’ANSAS, dell’ISFOL, di Italia Lavoro e dell’IPI. I risultati di apprendimento sono periodicamente valutati dall’INVALSI, che ne cura la pubblicità, mentre il Ministro presenta ogni 3 anni al Parlamento un rapporto con i risultati del monitoraggio e della valutazione. Il comma 1 dell’articolo in esame prevede che il Comitato nazionale per l’istruzione tecnica e professionale sia costituito con decreto MIUR. Il successivo comma 3 prevede il periodico aggiornamento di indirizzi, profili e risultati di apprendimento con decreto MIUR, emanato previo parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione e delle Commissioni parlamentari, ex articolo 8 del decreto del Presidente della repubblica n. 275 del 1999. L’articolo 8 reca disposizioni inerenti il passaggio al nuovo ordinamento, che è accompagnato da azioni per l’aggiornamento del personale della scuola e per informare studenti e famiglie.
Ricorda quindi che, con nota 10873 del 26/10/2009, il termine per le iscrizioni per l’anno scolastico 2010/2011 è stato fissato al 27/2/2010, proprio per consentire la piena conoscenza delle novità. Gli attuali istituti professionali di ogni tipo e indirizzo confluiscono, a partire dall’anno scolastico 2010/11, negli istituti professionali disciplinati dal regolamento, secondo la tabella di cui all’all. D. Si prevede quindi la possibilità di stipulare intese tra il Ministero dell’istruzione, dell’università e la ricerca, il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) e le singole regioni interessate per attuare sperimentazioni di nuovi modelli organizzativi e di gestione degli istituti professionali ai fini di una offerta coordinata tra i percorsi degli istituti professionali e quelli di istruzione e formazione professionale gestiti dalle regioni. L’articolo 8, comma 2, prevede in specie che con decreto di natura non regolamentare MIUR, di concerto con il MEF, previo parere della Conferenza Stato-regioni-province autonome, sono definiti: le indicazioni nazionali su competenze, abilità e conoscenze; i criteri e le modalità per l’articolazione delle aree di indirizzo in opzioni; la rideterminazione dei quadri orario, a partire della classi successive alla I funzionanti nell’anno scolastico 2010/11 secondo il vecchio ordinamento, con un orario di 34 ore settimanali; la sostituzione (limitatamente ai percorsi surrogatori realizzati in assenza di specifiche intese con le regioni) dell’area di professionalizzazione con 132 ore di attività in alternanza scuola-lavoro nelle IV e V classi. Il successivo comma 3 del medesimo articolo prevede che con decreti di natura non regolamentare dei Ministri indicati al precedente comma 2 sono definiti: le classi di concorso del personale docente e l’articolazione delle cattedre; gli indicatori per la valutazione e l’autovalutazione degli istituti professionali. In relazione all’articolo 8, comma 4, lettera a), dello schema, si segnala che l’articolo 64, comma 4, lett. a), del decreto-legge n. 112 del 2008 prevede che l’intervento sulle classi di concorso sia attuato con regolamento di delegificazione ex articolo 17, comma 2, L. 400 del 1988. Lo schema di regolamento in questione è stato approvato dal Consiglio dei Ministri del 12 giugno 2009. L’articolo 9 prevede disposizioni finali concernenti, in particolare, l’inderogabilità delle disposizioni del regolamento da parte di norme contrattuali, l’invarianza degli oneri per la finanza pubblica, la salvaguardia dell’autonomia delle province autonome di Trento e Bolzano. L’articolo 10, infine, prevede alcune abrogazioni, in particolare, l’articolo 195 del decreto legislativo n. 297 del 1994, in materia di esami di qualifica. Rileva quindi che allo schema di regolamento sono allegati la relazione illustrativa; la relazione tecnico-finanziaria; l’analisi tecnico-normativa; l’analisi dell’impatto della regolamentazione; il parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione; alcune note interne al Governo. Non sono allegati il parere del Consiglio di Stato e quello della Conferenza Unificata, per i quali il Governo si riserva la trasmissione non appena acquisiti. La Conferenza unificata ha espresso il parere il 29 ottobre 2009.
Osserva che nella premessa allo schema di regolamento, occorre inserire il riferimento al parere delle Commissioni parlamentari. All’articolo 6, comma 1, sembrerebbe opportuno sostituire le parole «dal regolamento emanato ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del medesimo decreto legge» con quelle «e dal decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122». Al comma 3 del medesimo articolo, potrebbe essere opportuno chiarire inoltre le modalità con le quali le Commissioni possono avvalersi di esperti al fine della configurazione delle prove di esame. Aggiunge che all’articolo 8, comma 4, lettera a), sarebbe opportuno chiarire il riferimento all’intervento sulle classi di concorso; mentre all’articolo 10, al fine di definire una data e termini certi per l’abrogazione sembrerebbe opportuno riformulare il comma 1 come segue: « «1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, è abrogato l’articolo 195 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, e all’articolo 191, comma 3, sono soppressi: a) al primo periodo, le parole: «gli istituti professionali hanno per fine precipuo quello di fornire la specifica preparazione teorico-pratica per l’esercizio di mansioni qualificate nei settori commerciale e dei servizi, industriale ed artigiano, agrario e nautico»; b) l’ultimo periodo». Ritiene infatti che non sembrerebbe necessaria la soppressione delle parole «gli istituti professionali» al comma 2 dello stesso articolo 191, che, invece, dovrebbe essere aggiornato per altri profili.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta.