Sulle prove Invalsi
Lettera aperta al ministro Profumo
Gentile Ministro,
le considerazioni che seguono si riferiscono alle prove Invalsi che si sono appena concluse.
Intervista puntuale. Il 15 maggio scorso – proprio il giorno prima delle prove Invalsi al superiore – il Corriere della Sera pubblicava una intervista a Roberto Ricci (Invalsi). Significativo il titolo tra virgolette «Misurare la scuola serve a migliorarla» e anche il sottotitolo con due frasi anch’esse virgolettate: «Gli insegnanti non abbiano paura dei test», «E’ l’Europa che ci chiede di misurare la scuola».
La replica al Miur, non all’Invalsi. Le dichiarazioni di Ricci rendono opportune alcune precisazioni e osservazioni che però vanno indirizzate al destinatario giusto cioè al ministro responsabile del Miur e non allo stesso intervistato. Infatti il Ricci interviene più su un piano politico, che non gli compete, che su un piano tecnico, sul quale però doveva eventualmente ed esclusivamente riferire al Miur e non direttamente all’opinione pubblica e al mondo della scuola. Ma l’intervistato ha parlato “pro domo sua” cioè in difesa delle prove e dello stesso Invalsi, Ente esterno al Miur, cui appartiene. Quella sul Corriere è stata la seconda intervista rilasciata a pochi giorni dalla prima, del 3 maggio, al sito “ilsussidiario.net”. Quindi il Ricci ha, in qualche modo, surrogato le prerogative del ministro (silente sulle prove Invalsi ma loquace su altre questioni minori) facendogli un po’ da scudo, da paravento, forse da portavoce.
Due bugie nel titolo. Già il titolo virgolettato dell’intervista contiene ben due bugie: “misurare” e “migliorare”. I sostenitori della bontà e validità delle prove Invalsi sempre esordiscono, danno per scontato e acquisito, che le prove stesse (o test, o quiz, o indovinelli) costituiscano una “misura” (“scientifica e “oggettiva”) degli apprendimenti o del loro valore aggiunto. Per costoro, l’affermazione è assiomatica, dogmatica, ma mai dimostrata. Senza voler invertire l’onere della prova né richiamare i numerosi contributi che confutano, osserviamo e aggiungiamo che se i test fossero davvero uno strumento di misura, come il termometro, ad esempio, questa misura potrebbe essere ripetuta sullo stesso argomento indagato, oppure effettuata da altri, e dare lo stesso valore. Invece Invalsi interviene e “misura” solo lui, una sola volta soltanto (nello stesso intervallo temporale), senza spiegare come ha fatto e quindi senza possibilità di nessuna verifica e controllo. Si potrebbe paragonare l’Invalsi a un prestigiatore capace di estrarre sì il coniglio dal cilindro ma solo se riparato dietro un paravento e senza che il pubblico possa vederlo!
Ancora, nessuna misura è in grado di modificare, di per sé, la grandezza misurata: il termometro non abbassa di certo la febbre, il metro non fa crescere in altezza, la bilancia non fa dimagrire o aumentare di peso. Né si può trascurare che, per i risultati dei test, non esiste nessun valore o range di riferimento, nemmeno empirico. Per il termometro clinico, il valore di riferimento per la temperatura corporea normale (cioè la non-febbre) è indicato in 36,8 ± 0,4 gradi Celsius. Anche peso corporeo e altezza, in relazione al c.d. peso ideale, risultano collegati fra loro con una formula empirica con la quale si calcola l’IMC (Indice di Massa Corporea), che discrimina le situazioni: sottopeso, peso forma, sovrappeso e obesità. E per gli apprendimenti cosa esiste? Niente.
Ce lo chiede l’Europa. Riguardo all’abusato ritornello “Ce lo chiede l’Europa” e alla sua impropria e strumentale invocazione anche per le prove Invalsi e con riferimento alla lettera, datata 4 nov. 2011, del commissario Ue Olli Rehn, osserviamo che abbiamo affrontato i due argomenti in due note già nel febbraio scorso. Ed è ad esse che rimandiamo (1) (2). E’ però necessario aggiungere a quanto esposto tre mesi fa, la testimonianza significativa e inconfutabile dello stesso titolare del MEF di allora, Giulio Tremonti, intervenuto di persona alla trasmissione tv “Servizio Pubblico” del 10 maggio (3) e poi la ricostruzione sull’origine e il percorso della citata lettera della Bce (4). In sostanza detta lettera è artefatta, fasulla, scritta a Roma dal …. destinatario a se stesso invece che a Bruxelles dal mittente!
Gli insegnanti non hanno paura. Affermare gratuitamente che gli insegnanti hanno paura dei test appare come una comoda scorciatoia, una infantile provocazione, un misero ricatto, e anche un implicito riconoscimento dell’approccio sbagliato da parte Invalsi. Gli insegnanti non hanno affatto paura dei test. Gli insegnanti ritengono che, così come sono formulati, i test siano strumenti inadatti a perseguire gli scopi dichiarati, perché mal concepiti e proposti, peggio gestiti. I test attuali sono una inutile perdita di tempo, uno spreco di denaro e di risorse a discapito delle attività didattiche. Al riguardo, la posizione dell’Invalsi (e del Miur) appare ideologica. Si vogliono colpevolizzare, demonizzare gli insegnanti per evitare di confrontarsi e dialogare con loro. Su questo aspetto può essere utile rileggere quanto scritto da Giorgio Israel giusto un anno fa, nell’aprile 2011 (5).
Minacce di punizione. Senza averne titolo in data 3 maggio, Paolo Sestito, commissario straordinario Invalsi, ha formulato, nei confronti dei docenti, vaghe minacce (“… chi si rifiuterà di partecipare sarà segnalato …”) che poi l’Invalsi ha dovuto ritirare e negare con apposito e tardivo comunicato del 15 maggio, cioè a prove quasi concluse! Nei confronti degli studenti è intervenuto qualche preside troppo zelante tanto che l’Uds ha ritenuto di aprire un apposito sportello “Sos Invalsi per tutti gli studenti che avessero subito provvedimenti”.
Quanto ci costa l’Invalsi? Si hanno indicazioni solo indicative, non ufficiali, fra loro non concordi: dai 9 o 11 mln fino ai 20 mln di euro/anno. I soli test costerebbero 2 euro ad alunno cioè quasi 5 mln senza contare stipendi e spese generali. Queste sono solo le spese vive contabilizzabili nel bilancio Invalsi.
Bisogna anche cercare di quantificare il costo, che non appare nel bilancio Invalsi, delle giornate sottratte alla didattica. Abbiamo 2,3 mln di alunni coinvolti per 2 giorni e risulta pari a circa 6.000 euro/anno il costo di uno studente nella scuola statale, allora si può stimare una cifra di 138 mln di euro a carico dello Stato (o della Nazione), corrisposti tacitamente “in natura” e senza traccia contabile all’Invalsi!
La cifra, che è notevole, certamente grossolana, approssimativa, discutibile, non comprende le eventuali attività di correzione e di teaching to the test e non considera nemmeno i costi di coloro che non condividono l’iniziativa e protestano in vari modi.
Rapporto costi-benefici. Il rapporto costi-benefici sarà certamente modesto, deludente, sfavorevole. Invalsi farà sì le sue sofisticate e pregevoli elaborazioni statistiche ma i dati su cui dovrà operare sono scarsamente affidabili. E ciò si sa da diverse fonti. Gli stessi studenti confessano di aver copiato nella percentuale del 41%, alcuni presidi e prof, per far fare bella figura alla scuola o alla classe, hanno tollerato tutto e non rispettato i tempi stabiliti, alcuni hanno suggerito e addirittura corretto i test dei loro alunni!
C’è da chiedersi se una seria società di indagini demoscopiche, operando su un campione opportunamente scelto, non avrebbe potuto ottenere risultati migliori, in minor tempo e con costi ridotti magari all’1 o al 2% rispetto all’Invalsi.
Nel 2013 bisognerà cambiare. Si auspica che quanto accaduto quest’anno serva da lezione e convinca Miur e Invalsi ad un approccio partecipato, condiviso e trasparente. Altrimenti anche nel 2013, bisognerà opporsi alla somministrazione censuaria obbligatoria e pretendere quella campionaria, consensuale e volontaria da parte di scuole, docenti, famiglie e studenti.
In alternativa o in aggiunta, il Miur dovrebbe anche considerare la possibilità di ricorrere davvero a una o più società esterne di sondaggi demoscopici, con notevole risparmio di denaro e tempo, con la possibilità di effettuare indagini mirate e poter confrontare i risultati con provenienze diverse. Anche i ragazzi più piccoli potrebbero essere facilmente coinvolti, purché affiancati da un genitore, in interviste effettuate con modalità consensuali, amichevoli, non invasive né autoritarie e senza interrompere la didattica.
Cosimo De Nitto
Vincenzo Pascuzzi
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LINK
(1) “Ce lo chiede l’Europa”
http://www.retescuole.net/contenuto?id=20120221130722
(2) Deve essere chiaro che l’Invalsi NON “ce lo ha chiesto l’Europa”
http://www.orizzontescuola.it/node/22510
(3) SANTORO SERVIZIO PUBBLICO 10_05_2012
http://contropelo.wordpress.com/2012/05/14/santoro-servizio-pubblico-10_05_2012/
(4) Lettera della Bce, la vera storia
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05/12/lettera-della-vera-storia/227690/
(5) Israel: i test Invalsi creano il panico, ma c’è qualcosa di più grave
http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2011/4/28/SCUOLA-Israel-i-test-Invalsi-creano-il-panico-ma-c-e-qualcosa-di-piu-grave-/171716/
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