DOCUMENTO SOTTOSCRITTO DAL PERSONALE DOCENTE, NON DOCENTE E DAGLI STUDENTI DEL LICEO CLASSICO V. EMANUELE DI LANCIANO - CH -
La riforma scolastica che si profila all’orizzonte, promossa dal Ministro Gelmini, il piano programmatico, la proposta di legge presentata dall’onorevole V. Aprea in VII Commissione parlamentare alla Camera, promettono di destrutturare l’intero impianto organizzativo della scuola pubblica e, in fin dei conti, il fondamento della società democratica.
È nostra intenzione portare all’attenzione dell’opinione pubblica, finora biecamente strumentalizzata dal governo, attraverso l’abile manipolazione di gran parte dei mezzi d’informazione, gli effetti reali e concreti di un’azione che si vuole far passare come riformatrice, mentre invece è soltanto demolitrice.
Infatti, mentre tv e giornali bombardano il cittadino medio con i tormentoni del:
MAESTRO UNICO / PREVALENTE
VOTO DI CONDOTTA
GREMBIULE
nelle segrete stanze del potere si discute di ben altri provvedimenti – come se quanto elencato sopra non bastasse a riportare la scuola italiana indietro di 50 anni – che però non risultano altrettanto pubblicizzati:
a) Le scuole verranno trasformate in FONDAZIONI, in cui, cioè, il finanziamento avvenga da parte di soggetti privati, e saranno rette da un Consiglio d’Amministrazione:trasformare le scuole in fondazioni significa uniformare le decisioni, abbandonare il pluralismo e creare scuole di partito.
b) Il numero degli alunni per classe verrà portato fino a 35 unità alle superiori: in questo modo non si metteranno i docenti in condizione di lavorare seriamente e proficuamente e gli alunni deboli non potranno oggettivamente essere recuperati.
c) Scuole con meno di 500 alunni non saranno più autonome ma accorpate ad altri istituti più grandi, con conseguente perdita di Dirigenti Scolastici, Dirigenti Amministrativi e Collaboratori.
d) Saranno chiuse le scuole di montagna o i piccoli plessi, anche di città (circa 4.200 scuole con meno di 50 alunni): i sindaci dovranno provvedere al trasporto degli alunni presso le sedi più vicine ma, in mancanza di fondi ad hoc, è facile prevedere che le spese ricadranno sulle famiglie. Senza più le scuole, i paesi si spegneranno lentamente e si spopoleranno.
e) Tutti i curricoli liceali saranno ridotti a 30 ore: il provvedimento cancella, di fatto, ogni sperimentazione, per cui l’offerta formativa del nostro istituto tornerà ad essere soltanto di tipo tradizionale. Questo ci impedirà di essere in linea con l’evoluzione sociale e culturale del paese.
f) Si realizzeranno tagli per circa 87.000 posti tra i docenti e per ca. 44.500 collaboratori scolastici e amministrativi. Lo scopo ultimo di quella che viene propugnata per una riforma dell’istruzione è, in realtà, attuare una manovra esclusivamente economica: la parola d’ordine è “tagliare, tagliare, tagliare”. (vd. Legge 133).
A tutto questo si aggiunga la recente proposta formulata dalla Lega, secondo cui è opportuna la creazione di scuole speciali per stranieri, che fa il paio con la pianificata riduzione del numero delle ore sul sostegno: entrambi questi provvedimenti hanno il chiaro obiettivo di ghettizzare il diverso, a fronte, da un lato, di indicazioni pedagogiche che da più di vent’anni affermano la necessità del confronto e dell’integrazione per favorire un fruttuoso sviluppo della personalità, dall’altro di campagne a favore della multiculturalità.
Attraverso il ricorso a strategie di comunicazione perversamente efficaci, fondate sull’uso di slogan e parole chiave, l’informazione risulta manipolata e unidirezionale e si crea nell’ascoltatore - spettatore medio un’idea falsa e distorta della realtà.
Il terreno è stato abilmente preparato sin dal mese di giugno 2008 con il decreto Brunetta il quale, con la sua personale crociata contro “i fannulloni” del settore pubblico, come se tutto il comparto privato funzionasse perfettamente – e Parmalat, Alitalia, le Banche, che cosa sono se non soggetti privati allo sfascio? - non ha fatto altro che cavalcare il malcontento e il disagio dei cittadini nei riguardi di un’amministrazione lenta e parassita. I numerosi servizi televisivi su episodi deprecabili riguardanti il mondo della scuola, bullismo, condotta indecorosa di docenti filmati con i cellulari degli alunni ecc., hanno favorito l’insorgere di un’opinione pubblica disfattista nei confronti della scuola stessa, per cui i docenti, già sospettati di essere dei nullafacenti stipendiati con i soldi pubblici, debbono essere puniti e rimessi in riga; i dati Pisa Ocse sullo stato della cultura dei ragazzi hanno dato il colpo di grazia e hanno fornito l’argomentazione più convincente sullo stato deprecabile della scuola italiana e del livello culturale dei nostri alunni e, conseguentemente, dei nostri insegnanti.
La riforma Gelmini, ventilata a fine agosto e presentata a settembre sottoforma di decreto – legge, abilmente impostata sul ritorno “agli antichi costumi”, ha trovato, perciò, un terreno perfettamente arato e predisposto ad applaudire chiunque si fosse proposto lo scopo di eliminare le mele marce.
Il periodo di grave crisi finanziaria ed economica che stiamo attraversando, infine, cade a pennello, perché non può che giustificare una politica di tagli alla spesa pubblica. È innegabile, però, che, tagliare indiscriminatamente e programmaticamente sulla scuola e sulla ricerca (il nostro paese investe in cultura solo il 4% del PIL), ha come scopo ultimo quello di soffocare la cultura e di fatto il libero e il critico pensiero.
Tutti sono consapevoli e convinti della necessità di riformare ciò che non funziona, ma non sembra a nessuno che la scuola primaria sia tale: mancano del tutto i presupposti pedagogici a sostegno della necessità di tornare al maestro unico.
Tutti hanno il desiderio di creare una scuola di qualità, ma potenziando le competenze di e creando le motivazioni in chi vi lavora e impostando il discorso educativo su di una prospettiva formativa, non punitiva.
Tutti, infine, comprendono che occorre razionalizzare le spese, ma il fatto che ad essere interessate dai tagli, per di più indiscriminati e così radicali, siano soltanto certe voci, ci crea un terribile sospetto: che si voglia minare il fondamento dello stato sociale, impedendo che l’istruzione, e la sanità, continuino ad essere pubbliche, ossia pluraliste e garantiste delle libertà e dei diritti del cittadino.
Come ebbe a denunciare Calamandrei, uno dei padri della nostra Costituzione, in un intervento del 1950, quando si “scredita, si impoverisce, si anemizza la scuola pubblica”, si sta creando di fatto il terreno per istituire una forma di “LARVATA DITTTATURA.”.
Cari colleghi, cari genitori e carissimi ragazzi: vigilate sulla libertà, perché essa “è come l’aria: soltanto quando incomincia a mancare, si avverte il senso di soffocamento”.