Il Collegio dei Docenti del I Circolo di Forlì,
analizzato il Decreto Legge 1 settembre 2008,n.137 “Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università osserva quanto segue:
La scuola elementare italiana è risaputo essere ai primi posti nel mondo per qualità. Molti di coloro i quali sostengono la bontà del ritorno al “maestro unico” affermano che tale qualità è stata costante fin dai tempi in cui maestre/i si rapportavano da soli con classi numerose, addirittura pluriclassi.
Siamo consapevoli del passato glorioso della scuola elementare di prima degli anni 70, tuttavia vogliamo sottolineare che in questi ultimi decenni la scuola elementare è andata rinnovandosi costantemente, anche grazie al mutare continuo della Legislazione scolastica; si è adeguata ai tempi ai quali era chiamata a rispondere innalzando gradualmente sia i livelli delle programmazioni sia quelli degli aggiornamenti costanti dei docenti. E qui sta il punto. Spesso ci siamo domandati e ci domandiamo cosa e come insegnare ai bambini di ogni epoca che viviamo, nel lavoro quotidiano.
I Collegi dei Docenti, organi collegiali responsabili della didattica, delle metodologie, delle strategie organizzative, nel mutare delle stagioni storiche, hanno studiato negli anni adeguamenti delle proprie competenze professionali approfondendo sia le specificità delle discipline, sia le modalità di relazione da instaurare con bambini e famiglie, sia gli approcci con il mondo esterno e con le sue richieste sempre più ardite sul piano cognitivo oltre che su quello della responsabilità sociale della persona e dei gruppi.
Si vuole qui richiamare l’attenzione sul fatto che se è vero che l’infanzia è una stagione della vita di recettività estrema, e capace di vivacità intellettuale impensabile, altrettanto vero, proprio per questo, è che, nella fascia d’età della primaria, non si dovrebbe ormai più poter pensare a un’unica figura che dispensa i saperi dalla cattedra a un folto gruppo di alunni silenti.
Noi sappiamo e siamo sicuri che altrettanto sia risaputo da chiunque frequenti anche soltanto in ambito familiare l’infanzia, che essa è avida di sapere, desiderosa di riportare esperienze pregresse nella classe, di entrare in dialogo con i pari e con maestre/i attenti e molto competenti nei diversi ambiti disciplinari.
Vorremmo poi aggiungere che i nostri alunni sono ogni giorno in contatto con una realtà sociale che, se da una parte li mette al centro offrendo servizi e divertimenti di ogni tipologia e valore, dall’altra li disorienta con proposte mediatiche di dubbio impatto educativo e culturale. Perciò la complessità dell’opera della scuola nel costante ruolo di mediazione, informazione e quale ordinatrice di esperienze è assolutamente da tenere presente se si ha a cuore il futuro delle generazioni.
Il fatto che si lavori in team dagli anni ’80 non è un caso. La complessità dei Programmi dell’85 innovò radicalmente il sistema antecedente proprio per la necessità di affrontare la sfida della contemporaneità di allora. Poi il cognitivismo si coniugò con altre impostazioni più attente al relazionale e si creò quello che secondo noi fu un buon connubio: la specificità e l’aggiornamento continuo sulle discipline, unitamente allo studio delle strategie relazionali emerse negli anni ’90 e successivi.
Ci sembra di essere giunti in modo onorevole agli anni 2000 e di proseguire su un’ottima strada che ci ha portato a essere consapevoli di ciò che ha valore nell’insegnamento e di ciò che può essere tralasciato o messo in un angolo.
Ci siamo misurati con impostazioni differenti, abbiamo trovato in squadra delle mediazioni e messo in atto cambiamenti nella nostra didattica. Ci siamo a volte trovati in conflitto, ma, come ben si sa, il conflitto porta a una forte crescita culturale e personale.
Ora ci sentiamo chiamati a rispondere alla società e all’opinione pubblica sul perché siamo contrari al ripristino di un’unica figura tuttologa, e lo facciamo in tutta serenità e pacatezza, ma con grande determinazione.
Infatti siamo convinti che sia un valore aggiunto per i figli di tutti, in qualsiasi situazione sociale, fisica e psichica essi si trovino all’ingresso della scuola primaria, dopo aver già conosciuto in quella dell’infanzia più figure di riferimento e averne tratto benefici profondi, l’avere a disposizione più docenti dei diversi ambiti previsti. Dai campi di esperienza della scuola dell’infanzia agli ambiti della scuola primaria, non certo all’enciclopedismo generico di un maestro che sa di ogni disciplina e di ogni didattica un po’.
L’opinione pubblica non può e non è tenuta a sapere quali siano le innovazioni, i punti critici e di forza della ricerca pedagogica e scientifica, ma i decisori politici certamente sì. Per cui ci sembra quantomeno imbarazzante udire dichiarazioni pubbliche di personalità eminenti e dotte che sostengono la necessità di un’unica figura di riferimento affettiva. L’aspetto affettivo è senza dubbio il motore della relazione docenti/alunni, tuttavia ci permettiamo di rilevare quanto esso non sia l’unico a determinare una preparazione di alto profilo conoscitivo e esaustivo dei saperi e del sapere dei bambini e delle bambine contemporanei. Gli studi e la ricerca di linguistica, di approccio a una lettura consapevole, di matematica, geometria, antropologia, arte, teatro, motoria, musica, tecnologia, lingua straniera…sono in continua evoluzione e non possono certo venire banalizzati da un’unica testa pensante e insegnante. Essi ci invitano a un approfondimento continuo e all’uso di mappe di reti che interconnettono i saperi di professionisti che fanno squadra tra di loro e insieme con gli alunni, e ciò nel rispetto di regole condivise che vanno continuamente riflettute e vissute nel quotidiano.
E la condivisione porta anche a un modo completamente innovativo di valutare le competenze raggiunte. E’ un modo che non ha nulla di estemporaneo, ma che si rifà agli studi degli ultimi dieci anni in campo valutativo, il quale campo ha visto la scuola elementare imboccare la strada della valutazione di processo e formativa. Riteniamo quindi che anche su questa materia si debba riflettere prima di applicare il sistema della votazione decimale, il quale, se da un lato, a qualcuno, potrebbe apparire una semplificazione utile, dall’altro invaliderebbe tutta la didattica contemporanea di costruzione delle competenze per prove ed errori, per mezzo della totale revisione del concetto di errore. Concetto che assume nel percorso formativo il ruolo che ha per la scienza, e cioè diviene il punto di partenza indispensabile per la revisione del processo e il superamento dei passaggi sbagliati.
La scuola elementare non è più tranchant da anni, è scuola in cui le persone, impegnate a confrontarsi con umiltà, non giudicano con il metro decimale, bensì valutano e inducono gli alunni all’autovalutazione per avvicinare ognuno alle soluzioni possibili, nella consapevolezza che la solitudine è nemica di un sapere ricco, aperto al prossimo, pronto a correggersi e a mettersi in discussione.
Forlì, 3 settembre 2008
4 settembre 2008