Lettera aperta agli enti che gestiscono il Servizio Civile
Carissimi,
ce l'avete fatta. Vi siete mobilitati per eliminare l'"invereconda" quota di riserva del Servizio Civile destinata alle persone con disabilità grave e la Commissione Bilancio della Camera vi ha dato ragione, abrogando un articolo introdotto al Senato nel testo della Legge Finanziaria per il 2008. Insomma, non devono esistere quote di riserva ad attività del servizio civile, ma solo progettualità dei singoli enti.
Come accaduto negli ultimi anni, quindi, verranno premiati progetti ben confezionati, che portano i ragazzi a contatto con scrivanie, fotocopie e scartoffie varie, persino con il riciclaggio di cartucce delle stampanti. E i progetti che metteranno al centro le forme di esclusione sociale più dimenticate dovranno competere con scrivanie e fotocopie, solo in virtù del fatto che queste saranno state inserite in progetti presentati da enti non profit ed enti pubblici credibili. I quali, in questa circostanza, saranno stati particolarmente abili nella redazione del progetto, oltre che forti nell'azione di "lobby" nei confronti dell'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile e di chi lo gestisce.
Non importa, poi, se persone in condizione di esclusione sociale e di segregazione non potranno entrare in contatto con i giovani del servizio civile. L'importante è che voi abbiate affermato con estrema forza che il servizio civile non può essere sostitutivo delle politiche sociali e dei servizi di responsabilità pubblica. In linea teorica non possiamo che condividere tale impostazione. Però, bisogna anche guardare in faccia la realtà.
Innanzitutto, i servizi di assistenza diretta o indiretta non esistono in larga parte del Paese, non solo al Sud. La nascita dell'obiezione di coscienza prima, del servizio civile poi, corrispondevano all'impegno civile di lavorare per liberare gli emarginati dalle forme di segregazione e di esclusione sociale di cui cittadini invisibili come le persone con disabilità sono vittime. La tendenza dominante nella ripartizione di progetti del Servizio Civile Nazionale premia invece altre sostituzioni: il blocco del "turn over" nel pubblico impiego, soprattutto negli enti locali, e il lavoro sottocosto per entità non economiche. Il risultato della vostra battaglia è che il Servizio Civile Nazionale, invece di assumere una funzione "surrogatoria" rispetto ai servizi sociali, l'avrà in altri campi. Pur sempre di funzione sostitutiva si tratterà.
In secondo luogo, lo stato di emarginazione delle persone con disabilità non si supera anche se in presenza dei migliori servizi disponibili. Ciò è evidente dagli atti di bullismo che alunni con disabilità subiscono nella scuola, o dalle violenze e dai soprusi che donne con disabilità subiscono nella quotidianità, fatta solo di cronaca nera. Crediamo e abbiamo sempre creduto che attraverso l'educazione dei giovani si possa superare il pregiudizio e il paternalismo strisciante nella nostra società. Per questa ragione l'obiezione di coscienza prima, il servizio civile poi, hanno rappresentato un veicolo fondamentale di questa istanza al pari dell'integrazione di alunni con disabilità nella scuola di ogni ordine e grado. I movimenti che voi rappresentate, in passato sono stati i primi ad interpretare questa esigenza. Infatti, anche grazie alla vostra mobilitazione fu introdotto l'art. 9 comma 2 della Legge 104/92 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) che prevede che il servizio di aiuto personale possa avvalersi dell'opera aggiuntiva di coloro che hanno ottenuto il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e di cittadini che facciano richiesta di prestare attività volontaria. Tale articolo non è stato abrogato ed è tuttora in vigore. Stabilisce una priorità. E come garantirla vista l'attuale normativa del Servizio Civile Nazionale, se non attraverso una quota?
Inoltre, l'articolo introdotto al Senato nel testo della Legge Finanziaria per il 2008 non prevedeva una priorità per alcuni enti su altri, bensì un'attività che ognuno di voi dovrebbe espletare prioritariamente: sostenere l'inclusione di persone escluse tra gli esclusi. E' un'occasione di mainstreaming perduta. Non siamo interessati a svolgere tutte le funzioni di protezione e di tutela delle persone con disabilità, in quanto questa sarebbe una nuova forma di segregazione e di violazione dei diritti umani delle persone con disabilità. Noi invece lottiamo affinchè soggetti pubblici e privati, e quindi che fanno parte anche del privato sociale, si facciano carico del tema dell'inclusione sociale, che promuova a sua volta partecipazione e autodeterminazione.
Il vostro attivismo è ripagato da un grande successo, che favorisce la partecipazione dei giovani alla vita democratica del Paese e che al tempo stesso riduce le possibilità di autonomia, indipendenza e partecipazione sociale delle persone con disabilità più grave.
Pietro V. Barbieri
Presidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap)